Secondo Damasio i tre strati che insieme costituiscono quel costrutto tanto affascinante quanto di difficile analisi che è la coscienza, sarebbero l’elaborazione inconscia dello stato interno del corpo (protoself), la consapevolezza di noi stessi qui e ora (core consciousness) e infine la concezione del sé legato agli eventi passati e alle pianificazioni future (extended consciousness).
Nel tempo lo studio della coscienza ha affascinato e coinvolto figure diverse: filosofi, biologi, psicologi, neuroscienziati e anche medici. Infatti la comprensione dei meccanismi sottostanti la coscienza è di vitale importanza per la gestione di quelle condizioni in cui essa viene lesa o del tutto abolita, in primis il coma e lo stato vegetativo.
Così come per altre funzioni cerebrali lo studio delle origini organiche della coscienza ha visto un significativo passo avanti con lo sviluppo del neuroimaging, grazie a tecniche come la PET, la TC o la RM, e proprio attraverso quest’ultima metodica i ricercatori del Beth Israel Deaconess Medical Center (BIDMC) potrebbero aver identificato uno dei network principali del mantenimento dello stato cosciente.
“Per la prima volta abbiamo scoperto una connessione tra la regione del tronco encefalico coinvolta nella vigilanza e le regioni coinvolte nella consapevolezza, due prerequisiti della coscienza” – Michael D. Fox, direttore del Laboratory for Brain Network Imaging and Modulation.
La coscienza
Quando si parla di coscienza da un punto di vista clinico bisogna distinguere il livello di coscienza e i contenuti di coscienza. Per il primo è importante l’attività di network encefalici corticali e sottocorticali che regolano tre funzioni essenziali: l’attenzione, la consapevolezza e la vigilanza. Affinché possano essere generati i contenuti di coscienza è invece richiesta l’integrità dei sistemi motori, sensitivi, mnestici ed emotivi.
I tre studi
In un primo studio i ricercatori hanno analizzato 36 pazienti con danni a carico del tronco encefalico, 12 dei quali in coma. Attraverso una tecnica recentemente sviluppata, la Voxel-based Lesion-Symptom Mapping (VSLM), le immagini RM dei pazienti sono state analizzate voxel per voxel in modo da comprendere la relazione tra specifiche lesioni tissutali e i correlati comportamentali. La VLSM rappresenta dunque la versione più moderna e precisa di quel confronto tra danno neurologico ed effetto che ha accompagnato le neuroscienze fin dai primi studi sul linguaggio fatti da Broca e Wernicke, con il notevole vantaggio di non dover raggruppare a priori i pazienti né in funzione del tipo di lesione, né dell’effetto da essa prodotto. I ricercatori hanno così scoperto che un’area del tronco encefalico, nello specifico il tegmento pontino dorsolaterale rostrale, sembra essere significativamente associata al coma. Una lesione in quest’area è stata infatti riscontrata in 10 dei 12 pazienti in coma mentre in solo 1 dei 24 controlli.
Una volta identificata l’area maggiormente coinvolta nella perdita di coscienza i ricercatori si sono chiesti quali altri aree fossero connesse ad essa e per rispondere a tale domanda hanno sfruttato nuovamente la RM, in particolare la Risonanza Magnetica funzionale.
In un secondo studio, dopo aver reclutato 98 partecipanti sani, hanno indagato la connettività funzionale, ovvero la correlazione temporale di segnali fMRI tra due o più regioni distinte, attraverso un approccio definito seed-based correlational analysis. Avendo già una regione di interesse hanno usato il tegmento pontino dorsolaterale rostrale come “seed”, vale a dire come termine di paragone il cui segnale fMRI scandisce la ricerca di aree ad attività simile. Tale ricerca ha portato a due aree corticali già note per essere coinvolte nei processi di vigilanza e consapevolezza: l’insula anteriore (AI) e la corteccia cingolata anteriore pregenuale (pAAC).
Infine, per confermare il ruolo di questo network nel vasto sistema alla base della coscienza, il team in un terzo studio ha valutato se fosse attivo in un altro insieme di pazienti: 26 in uno stato di minima coscienza (MCS), 19 in stato vegetativo (VS), 6 in coma e 21 soggetti sani usati come controlli. Grazie ai dati di fMRI acquisiti durante il resting state, cioè a riposo, è stato possibile dimostrare come in soggetti privi di coscienza vi fosse effettivamente una disfunzione di questo nuovo network.
In conclusione
Sebbene sia ormai appurato che la perdita della coscienza sia causata da una lesione estesa degli emisferi cerebrali così come un danno al sistema reticolare attivante del tronco encefalico, si devono ancora identificare con precisione i vari protagonisti coinvolti nella generazione e nel mantenimento dello stato cosciente. Se l’importanza del network dovesse essere confermata si aggiungerebbe quindi un nuovo importante tassello a questo quadro complesso, costituendo un target aggiuntivo per il trattamento dei disturbi di coscienza.
FONTI | Studio Beth Israel Deaconess Medical Center, Descrizione VLSM
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Fonte: http://lamedicinainunoscatto.it/2016/11/coma-network-alla-base-della-coscienza/
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