La Legge di Stabilità varata dal Governo aveva prorogato per il 2017 i due giorni di congedo di paternità retribuiti al 100% dello stipendio, ma ora un emendamento già approvato in Commissione Lavoro e presto al vaglio della Commissione Bilancio e da lì di Montecitorio, propone di “regalare” altri tre giorni alla neofamiglia, permettendo anche agli uomini di vivere pienamente quel primo periodo a casa, in cui si pongono le basi della relazione tra il bebè e i suoi genitori. Una decisione che, se confermata, gioverà a tutti i membri della famiglia: il padre innanzitutto, ma anche la madre e di conseguenza il piccino che è nato.
Un tempo per scoprirsi padre
“Cinque giorni di congedo paternità – che sono il minimo ma sempre meglio di prima – permettono di rimanere concentrati e coinvolti nella sconvolgente esperienza del diventare genitore e di condividere con la madre i primi giorni in cui si fa conoscenza con il nuovo nato”, considera Alessandro Volta, neonatologo, responsabile del Programma Materno Infantile dell’Asl di Reggio Emilia e autore di diversi libri dedicati ai papà. “Il padre, in questi primi giorni, ha molto da fare: suo è il ruolo di filtro tra la neomamma e il mondo esterno e di protezione della coppia mamma-bambino. L’uomo non può vivere fisicamente la gravidanza, non può allattare né partorire, per far nascere il suo bambino deve aspettare di averlo tra le braccia, annusarlo e guardarlo. Il padre ha bisogno di tempo per sentirsi tale, non può permettersi distrazioni o spreco di energie. Il congedo serve anche a non avere scuse né alibi, aiuta il neopapà a prendersi le proprie responsabilità, a capire che adesso nulla sarà più come prima”.
L’influenza degli ormoni
Così come accade per la neomadre, i primi giorni successivi alla nascita sono cruciali anche per il padre. “È in questo primo periodo che si pongono le basi della relazione tra padre e figlio”, commenta Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biologiche dell’Università di Milano e autore di libri per genitori tra cui I papà vengono da Marte, le mamme da Venere (De Agostini). “Ed è importante che il papà possa essere presente, possa esserci al fianco della compagna, accanto al proprio bambino. A confermarlo sono anche le neuroscienze, che hanno evidenziato i cambiamenti che avvengono nel cervello dell’uomo quando nasce un bambino. Sappiamo infatti che si modifica la secrezione ormonale nel corpo del papà: diminuisce il livello di testosterone e aumentano i livelli di ossitocina e prolattina, gli ormoni della tenerezza, della felicità, dell’accudimento.
L'attesa dei papàLeggiUn cambiamento che facilita la trasformazione da maschio adulto a padre, che aiuta il neopapà a prendersi cura del cucciolo che è nato e a proteggere la compagna. Ma queste modificazioni sono sollecitate dalla vicinanza del bambino, se il padre non ha la possibilità di essere presente nei primi giorni dopo la nascita il cambiamento non può verificarsi”. Insomma, una bella opportunità “pensata” dalla natura stessa, che viene sprecata se il papà è costretto a restare lontano dal suo piccolo.
Una presenza fondamentale per la neomamma
Ma il congedo di paternità non è utile solo per il papà. Le ricadute positive di questa novità riguardano anche la neomamma. “I primi giorni sono i più faticosi per la mamma anche dal punto di vista emotivo”, sottolinea Alberto Pellai. “Sono quelli in cui la donna deve prendere familiarità con il bambino e, se lasciata sola, può essere colta dalla paura di non farcela. La vicinanza del papà in questa situazione diventa fondamentale: è lui infatti che può aiutare la neomamma ha superare i dubbi e i timori, permettendole così di diventare la miglior mamma possibile per il loro piccino. La presenza del padre rappresenta il fattore di prevenzione più importante per la depressione post parto”.
Depressione post partumLeggi
Ma il riconoscimento della responsabilità di entrambi i genitori nei riguardi del nuovo nato rappresenta un passo avanti anche sul fronte delle pari opportunità. Se arriveremo a riconoscere che i bambini non sono competenza esclusiva della madre, e che anche il padre è chiamato a contribuire alla gestione della vita famigliare, sarà più facile superare i tanti, troppi pregiudizi nei riguardi delle madri lavoratrici, in Italia guardate con sospetto e spesso penalizzate, perché “hanno un figlio a casa”.
Un segno dei tempi?
E se qualcuno, magari all’interno del mondo del lavoro, non dovesse vedere di buon occhio il nuovo congedo di paternità? “Dovremmo riflettere sugli stereotipi che possono indurre a pensare che un padre non debba restare accanto a suo figlio appena nato, visto – tra l’altro – il valore protettivo della sua presenza per mamma e bimbo”, considera Alberto Pellai. “Il riconoscimento di questo valore, sottolineato da psicoterapeuti, pediatri, neuroscienziati, fa parte di un cambiamento socio-culturale già in corso: cinquant’anni fa il padre era al lavoro mentre nasceva il suo bambino, oggi lo troviamo in sala parto accanto alla compagna”.
papà in sala partoLeggi“In molti Paesi europei, il congedo di paternità obbligatorio è di circa due settimane”, commenta Alessandro Volta. “I Paesi scandinavi sono stati i primi e i più sensibili verso la figura paterna e le pari opportunità”.
Qualcuno, infine, ha dei dubbi sull’obbligatorietà del congedo. Ci si chiede se non rappresenti un’interferenza nella vita privata e professionale dell’uomo.
“Un congedo obbligatorio permette di dare peso al ruolo paterno”, considera Alessandro Volta. “È la società che ti paga per occuparti di tuo figlio, perché riconosce il valore sociale di quello che stai facendo. È un po’ come dire al padre che in questo momento non c’è nulla di più importante che lui possa fare, nessun compito professionale può competere con quello di stare vicino alla sua compagna e tenere in braccio il suo bambino. Cinque giorni sono pochi ma valgono molto, e resteranno scolpiti nell’anima per il resto della vita. Tutto il resto può tranquillamente aspettare”.
Seguendo l’esempio del Nord Europa
Con questo emendamento l’Italia segue finalmente l’esempio di vari Paesi del Nord Europa, dove già da anni, l’importanza della figura paterna è riconosciuta “ufficialmente” e per le madri conciliare impegni famigliari e professionali è più semplice. È il caso, ad esempio, della Danimarca, dove i padri hanno diritto a 14 giorni consecutivi di congedo retribuito al 100%, del Regno Unito, due settimane con compenso forfettario, ma anche di nazioni vicine, come la Spagna (due settimane), il Portogallo (10 giorni), la Francia (11 giorni lavorativi, tutti retribuiti con il 100% dello stipendio).
Con i nostri 5 giorni, l’Italia muove i primi passi nella direzione giusta: quella del riconoscimento dell’importanza della nascita di un bambino, per i suoi genitori, ma più in generale, per tutta la società.
Giorgia Cozza
17 novembre 2016
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