venerdì 18 novembre 2016

Chlamydia, perché è importante proteggersi

Si calcola che in Europa una donna su 40 o 50 sia portatrice di Chlamydia trachomatis, un batterio intracellulare, che si insedia, cioè all’interno delle cellule, si trasmette per via sessuale e colonizza la mucosa della cervice dell’utero. “Nel 70% dei casi, non si tratta di una vera e propria infezione, perché il batterio non si comporta come un patogeno: non arreca alcun danno e non provoca sintomi”, spiega il ginecologo Enrico Ferrazzi, vicepresidente del comitato scientifico di ASM, l’Associazione per lo Studio delle Malformazioni. Nel rimanente 30% dei casi, i sintomi ci sono, ma di solito sono blandi e aspecifici: bruciore urinario, perdite vaginali, lieve sanguinamento durante i rapporti sessuali, tanto che spesso vengono ignorati o sottovalutati. Se però l’infezione non viene trattata, può innescare una reazione infiammatoria grave, la cosiddetta malattia infiammatoria pelvica, che può provocare lesioni permanenti alle tube e compromettere la fertilità. Se contratta in gravidanza o già presente al momento del concepimento, il batterio può risalire le vie genitali e danneggiare le membrane fino a provocarne la rottura. Il risultato, a seconda dell’epoca gestazionale, è un aborto o un parto prematuro”.

Come diagnosticarla

I due test più efficaci per diagnosticare un’infezione da Chlamydia sono il dosaggio degli anticorpi e la ricerca del DNA batterico. “Entrambi si eseguono su un campione di muco che si raccoglie con un tampone. Meglio optare per un tampone cervicale, che è più affidabile rispetto a quello vaginale”, dice Ferrazzi. “Il tampone con coltura batterica, invece, può dare un risultato fuorviante”.
I due anticorpi dosati nel test immunologico sono le IgG e le IgM anti-Chlamydia. La positività alle IgG indica che il sistema immunitario è entrato in contatto con il batterio: c’è stata in passato una colonizzazione, che può essersi risolta con o senza il ricorso agli antibiotici, oppure è attualmente in corso. La positività alle IgM invece indica l’attuale presenza del batterio.
La ricerca del DNA consente di identificare specifici frammenti di Chlamydia trachomatis nel campione raccolto, grazie ai più moderni strumenti della diagnostica molecolare.

Il tampone per la diagnosi della Chlamydia rientra fra le prestazioni offerte gratuitamente nel primo trimestre di gravidanza nell’ambito dei nuovi LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza.

 

Nuovi LEALeggi

 

Non a tutte le future mamme, però. “Uno screening a tappeto non avrebbe alcun senso”, osserva il ginecologo. “Il test è raccomandato alle donne che manifestano sintomi sospetti, oppure in presenza di determinati fattori di rischio, a giudizio del medico curante. Per esempio, nel caso la donna abbia cambiato partner di recente”.
Al di fuori della gravidanza, in Italia non sono attivi protocolli per lo screening in assenza di sintomi. In altri Paesi, per esempio in Gran Bretagna, il test immunologico è offerto annualmente a tutti i giovani, maschi e femmine, sessualmente attivi che hanno meno di 25 anni, perché gli studi epidemiologici indicano quella come la fascia d’età a maggior rischio.
Che i sintomi siano assenti o presenti, se è stato eseguito un test e l’esito è positivo, è opportuno trattare tempestivamente l’infezione. “A maggior ragione in gravidanza, quando i rischi sono più seri”, dice Ferrazzi.

La terapia in gravidanza

Alcune settimane fa, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato nuove linee guida per il trattamento delle più comuni infezioni a trasmissione sessuale, tra cui la Chlamydia. L’aggiornamento si è reso indispensabile per l’aumentata circolazione di ceppi batterici resistenti agli antibiotici. Un capitolo del documento è dedicato al trattamento della Chlamydia in gravidanza.

“Tre sono gli antibiotici raccomandati a questo scopo durante l’attesa: azitromicina, amoxicillina ed eritromicina. Il più efficace risulta essere l’azitromicina, ma il vantaggio rispetto agli altri due è modesto”, spiega Enrico Ferrazzi. “Tutti e tre sono sicuri per lo sviluppo e la salute del nascituro e sicuramente i vantaggi del trattamento in caso di infezione in gravidanza sono superiori al rischio di effetti indesiderati. Ovviamente, questi antibiotici, come qualunque altro farmaco, vanno prescritti solo se ce n’è effettiva necessità, quindi solo a fronte di una diagnosi certa”.

Antibiotici in gravidanzaLeggi

 

Maria Cristina Valsecchi

 

18 novembre 2016

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