venerdì 28 ottobre 2016

Caso Clinico #40

Caso Clinico

Federica 35 anni, atleta di ginnastica ritmica, lamenta da qualche tempo un astenia che la costringe ad allentare i suoi allenamenti e decide così di presentarsi all’ambulatorio del proprio mmg.
All’anamnesi emerge che cinque anni prima è stata operata di calcoli alla colecisti a causa di un prurito diffuso che tutt’oggi sembra ancora avere, inoltre riferisce di non fare abuso di farmaci ed alcolici e di avere frequenti episodi di epistassi.
Durante l’e.o. nota un importante epato e splenomegalia, l’assenza di versamento ascitico e di tumefazioni linfonodali, però nota la presenza di xantelasmi in entrambe le palpebre.
Il mmg decide allora di chiedere degli esami ematochimici per avere delle idee più chiare nelle quali si evidenzia:
– Transaminasi nella norma
– Bilirubina 1,8 prevalentemente diretta
– Cupremia elevata
– FA e GAMMAGT elevate
– Ves normale

Quali altri esami mancano per completare il quadro diagnostico?

La Diagnosi è: CIRROSI BILIARE PRIMITIVA

La cirrosi biliare primitiva è una malattia autoimmune che provoca un’infiammazione cronica delle vie biliari intraepatiche. Determina così colestasi e secondariamente danno epatico per evolvere poi in cirrosi. La precisa causa di tale patologia non è nota; sono implicati fattori genetici, legati ad una disfunzione del sistema immunitario e fattori ambientali, come l’interazione dell’organismo con alcuni agenti infettivi. Recentemente, tra i principali fattori genetici alla base della PBC, è emerso il ruolo dell’interleuchina 12 nel mediare il danno infiammatorio delle vie biliari. Colpisce prevalentemente il sesso femminile in un rapporto di 9:1 e si presenta tipicamente delle donne di mezza età.
Nella metà dei casi la PBC viene diagnosticata in modo casuale quando, per altri accertamenti o durante uno screening, vengono rilevati anomali livelli dei marcatori di patologia epatica: le transaminasi (AST e ALT) e soprattutto gli indici di colestasi gamma-GT e Fosfatasi Alcalina
La diagnosi è data dalla presenza di almeno due dei seguenti tre criteri:
• positività della ricerca degli Anticorpi Anti-Mitocondrio (AMA) (che si riscontra nel 95% dei casi) a titolo adeguato (1:40 all’immunofluorescenza indiretta);
• persistenza per oltre 6 mesi di alti valori di fosfatasi alcalina (maggiori di 1.5 volte);
• biopsia epatica compatibile
Gli AMA sono considerati anticorpi altamente specifici e sensibili, e la loro presenza nel siero è virtualmente diagnostica. Talora si rileva anche la presenza degli Anticorpi Anti-Nucleo soprattutto nei casi in cui siano assenti gli AMA (condizione chiamata “Colangite Autoimmune”).
La Biopsia epatica dà la certezza diagnostica ed il danno istologico è classificato in 4 stadi, solo l’ultimo dei quali corrisponde ad una franca cirrosi:
• Stadio 1 – Infiltrato infiammatorio portale
• Stadio 2 – Infiammazione e/o fibrosi periportale con proliferazione dei piccoli dotti biliari
• Stadio 3 – Setti Fibrosi
• Stadio 4 – Cirrosi Biliare (noduli di rigenerazione)

I sintomi cardinali sono 2: il prurito e la stanchezza.
Il prurito, all’inizio della fase sintomatica della malattia, è un sintomo tenace ed è diffuso. L’astenia è molto precoce e può manifestarsi come una eccessiva sonnolenza diurna. Può esserci anche una modesta febbricola prevalentemente nelle ore serali.
Per quanto attiene al decorso, la malattia ha un andamento cronico e solitamente progredisce in modo lento e graduale, con periodi anche lunghi di relativo benessere.Rilevante è la possibilità che alla PBC si associno altre malattie autoimmuni, per questo è consigliabile effettuare uno screening sierologico per rilevarne la presenza.
• Fino al 70% delle pazienti lamenta i sintomi della Sindrome di Sjögren
• Frequente è anche la Tiroidite di Hashimoto
• Meno comuni sono l’Epatite Autoimmune (sindrome overlap), la Celiachia ed il Diabete Tipo 1.
• Più rare sono l’Artrite Reumatoide, la Porpora trombocitopenica idiopatica, la Sclerodermia, e la Glomerulonefrite membranosa.
Può anche essere frequente l’osteoporosi in quanto le frequenti sono donne di mezza età e pertanto posso essere affette dall’osteoporosi post-menopausale; la stasi biliare inoltre non consente un corretto assorbimento intestinale della vitamina D esogena.
Nelle fasi avanzate della malattia compaiono i segni dell’insufficienza epatica e dell’ipertensione portale:
• ittero
• varici esofagee
• ascite
• edemi declivi
• encefalopatia epatica
• Emorragie
I principali fattori prognostici sono:
• la precocità della diagnosi
• lo stadio istopatologico rivelato dalla biopsia
• l’entità della sintomatologia
• la positività a specifici tipi di ANA (anticorpi anti-nucleo), come gli anti-gp210, anti-sp100, anti-sp140 e anti-p62
• la risposta alla terapia (in particolare la diminuzione della fosfatasi alcalina ed i livelli di bilirubina)
• la sovrapposizione con altre patologie autoimmuni

La terapia farmacologica della PBC si basa elettivamente sull’assunzione dell’Acido UrsoDesossiColico (UDCA) ad alto dosaggio (da 15 fino a 25 mg/Kg/die), che ha potere coleretico ed antinfiammatorio. Questo farmaco determina, nella maggior parte dei casi, una rapida diminuzione dei marcatori patologici, ed è, secondo numerosi studi clinici, in grado di rallentare la progressione della malattia e quindi di aumentare la sopravvivenza. L’UDCA è ben tollerato dall’organismo ed è sostanzialmente privo di effetti collaterali (raramente diarrea).
Solo nei casi in cui il prurito sia persistente viene prescritta la Colestiramina, una resina che neutralizza gli acidi biliari ritenuti dall’organismo (responsabili di tale sintomo).
Farmaci ad attività immunosoppressiva come la colchina sono stati sperimentati vista la natura autoimmune della malattia, ma i risultati non si sono rivelati soddisfacenti, pertanto non vengono normalmente utilizzati. Vi si ricorre qualora la risposta all’UDCA (valutata in base all’abbattimento degli indici biochimici come la fosfatasi alcalina) risulti insufficiente.
Alcuni studi clinici hanno mostrato risultati incoraggianti da parte del Bezafibrato, un farmaco ipolipemizzante con attività epatoprotettiva. In fase di sperimentazione clinica sono l’acido Obeticolico (agonista del recettore nucleare FXR, che regola la sintesi ed il trasporto degli acidi biliari) ed il farmaco biologico Ustekinumab (un anticorpo monoclonale che blocca la IL-12, riservato a pazienti che non rispondono alle terapie tradizionali).
Per l’osteoporosi si procede alla supplementazione di vitamina D (preferibilmente la forma 25-idrossilata o calcifediolo) e calcio; eventualmente si può ricorrere a farmaci anti-fratturativi come i bisfosfonati (es. alendronato 70 mg/settimana).
L’astenia può trarre giovamento dal Modafinil 100–200 mg/die.
L’evoluzione allo stadio terminale (cirrosi, ipertensione portale, insufficienza epatica) richiede inevitabilmente il trapianto di fegato, proprio per il quale la PBC rappresenta una delle principali indicazioni. La ricorrenza della malattia sul trapianto è bassa e la percentuale di sopravvivenza ottima.

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Fonte: http://lamedicinainunoscatto.it/2016/10/caso-clinico-40/

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