lunedì 31 ottobre 2016

Caso Clinico #37

Caso Clinico

Giulia, 57 anni, si presenta all’osservazione del proprio mmg perchè accusa una forte cefalea di recente insorgenza accompagnata a disturbi visivi quali: diplopia a carico di un singolo occhio ed offuscamento della vista.

Chiedendo di descrivere la modalità attraverso cui insorgono i disturbi la paziente risponde: “Dottore, mi fa male la testa in modo particolare, un solo lato e non sà che dolore mentre mangio!”

Il mmg chiede se ha dolori riferibili anche ad altre sedi e la paziente riferisce che a scatenere la cefalea è stata una forte febbre ed una sensazione di malessere con astenia che le hanno pure fatto perdere peso.

In più aggiunge che ha avuto una forte dolorabilità ai muscoli del collo e delle spalle e che il precedente medico, per calmare il dolore, le prescrisse una terapia cortisonica ottenendo dei buoni risultati.

Il mmg procede all’esame obiettivo nel quale osserverà qualcosa che lo può aiutare nella sua diagnosi… Cosa?

La diagnosi è: ARTERITE TEMPORALE DI HORTON

L’arterite temporale, detta anche arterite gigantocellulare o a cellule giganti di Horton, è una vasculite caratterizzata da interessamento preferenziale delle arterie del collo e della testa e, a causa del processo infiammatorio, vi sarà  un restringimento dei vasi con sintomatologia dolorosa.

Si tratta di una malattia autoimmune che colpisce generalmente le persone in età matura (sopra i 50 anni), in un rapporto di F:M 2:1. Per le donne rappresenta una delle principali cause di cefalea. L’incidenza su questa categoria di persone è di 17,5/100.000.

Non si conoscono ancora le cause della patologia, ma esistono ipotesi su una probabile eziologia infettiva. In particolare il DNA del parvovirus B19 è stato rinvenuto nelle biopsie come anche quello di adenovirus, clamidia, e micoplasma.

I sintomi principali sono cefalea temporale, dolore al cuoio capelluto, dolore crampiforme alla mandibola e difficoltà  alla masticazione con claudicatio e a volte paresi della stessa. Può accompagnarsi anche a necrosi di tessuti irrorati da rami arteriosi terminali come la punta della lingua. Viene alle volte interessato anche il nervo ottico o i rami dell’arteria oftalmica con allucinazioni visive, diplopia, calo del visus e, nei casi gravi cecità,  completa (amaurosi). Oltre all’interessamento vascolare, si accompagna ad una polimialgia reumatica con febbre alta ed un caratteristico innalzamento della VES e della proteina C reattiva.
A

livello della parete delle arterie interessate è presente una risposta granulomatosa non caseificante con la presenza di cellule giganti, infiltrato di macrofagi, linfociti T CD4+ e plasmacellule. Porta alla frammentazione della membrana elastica interna e ad una fibrosi nodulare a carico dell’intima con stenosi, trombosi e occlusione del lume.

Ne esistono forme non granulomatose aspecifiche.
La diagnosi di questa patologia è spesso difficile perché in molti casi prevale la sintomatologia sistemica e la biopsia dell’arteria temporale può non essere dirimente.

L’esame istologico dimostra la presenza di un infiltrato infiammatorio situato a livello della giunzione intima-media, costituito da linfociti (linfociti T con predominanza dei linfociti T CD4+ “attivati”, HLA-DR+, IL-2R+, VLA-1+) e da macrofagi e frammentazione della lamina elastica interna. Si possono inoltre rilevare iperplasia dell’intima con riduzione sino alla occlusione del lume vasale, infiltrati linfocitari nell’avventizia e trombosi endoluminale.

Caratteristica è la presenza di cellule giganti multinucleate che peraltro non sempre sono presenti (AT “atipica”). L’Ecografia Color-Doppler delle arterie temporali dimostra la presenza di un alone ipoecogeno attorno al lume, probabilmente dovuto all’edema parietale e che regredisce con la corticoterapia, stenosi od occlusioni. L’esame del fundus oculi dimostra, in caso di neuropatia ottica ischemica anteriore (la più frequente complicanza oculare dell’AT dovuta all’ischemia della testa del nervo ottico per vasculite delle arterie ciliari posteriori), edema del disco ottico e frequenti emorragie retiniche “a fiamma” alla periferia nella fase acuta e atrofia ottica dopo alcuni mesi.

L’Ecografia Color-Doppler delle arterie centrale della retina, oftalmica e ciliari posteriori dimostra riduzione del flusso arterioso, aumento delle resistenze vascolari ed alterazioni morfologiche dell’onda tempo-velocità  non rilevabili nella neuropatia ottica non-ischemica .

Inoltre, l’anziano spesso soffre di altre patologie che mimano la sintomatologia dell’Horton, infatti le principali diagnosi differenziali sono: l’anemia, le neoplasie occulte, problemi dentari e oculari dell’età avanzata, l’arteriosclerosi e altre vasculitifra cui soprattutto l’arterite di Takayasu che ha quadro clinico spesso identico ma colpisce i giovani.

Agli esami di laboratorio è riscontrabile: elevati indici aspecifici di flogosi (VES, PCR, a -1 e a -2-globuline, fibrinogeno), anemia ipocromica normocitica con iposideremia e normalità od aumento della ferritina, ipoalbuminemia e, talora, leucocitosi, piastrinosi ed aumento degli enzimi epatici.

La frequenza degli autoanticorpi (fattore reumatoide, antinucleo) non è diversa da quella dei soggetti sani di pari etè. Non sono di impiego routinario la determinazione della viscosità  plasmatica, il dosaggio del fattore VIII (il cui aumento è espressione di danno endoteliale) e delle citochine proinfiammatorie (IL-6, LIF) e la caratterizzazione delle sottopopolazioni T-linfocitarie (riduzione dei linfociti T CD8+ del sangue periferico nella fase di attività  dell’AT).

La terapia è a base di corticosteroidi a dosi medio-elevate (Prednisone 40-60 mg/die) con progressiva riduzione fino a dosi relativamente basse (es 5-10 mg/die) da proseguire per 1-2 anni, monitorando gli indici aspecifici di flogosi. La sospensione troppo rapida dei corticosteroidi può causare recidiva dell’AT e aumenta il rischio di complicanze oculari. Si possono usare anche immunosoppressori come il metotrexato.

Fonte immagini | hescribbled.tumblr.com

 

 

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Fonte: http://lamedicinainunoscatto.it/2016/09/caso-clinico-37/

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