sabato 31 dicembre 2016

Prostamol

Prostamol fa parte della categoria degli integratori alimentari, in particolare per il benessere fisiologico della prostata, per la cura delle infezioni alle vie urinarie e per coadiuvare il drenaggio dei liquidi corporei in presenza di ipertrofia benigna.

Analizziamo l’integratore in base alla patologia da trattare e vediamo tutto ciò che c’è da sapere prima di assumere Prostamol.

Cos’è l’ipertrofia prostatica benigna?

E’ un ingrandimento delle ghiandole prostatiche che comprimendo l’uretra, ostacolano l’espulsione naturale di urina. Più che parlare di ipertrofia,si parla di iperplasia (perchè aumentano il numero delle cellule).

Tra i principali sintomi dell’ipertrofia prostatica benigna vediamo:

  • aumento del bisogno urgente di urinare
  • aumento della minzione notturna
  • bruciore durante la minzione

Rivolgersi ad uno specialista per aver una corretta diagnosi e una cura adeguata alla patologia, se non viene riconosciuta può portare ad altre problematiche come: infiammazioni urinarie, calcoli renali e problemi alla vescica.

Prostamol: uso e posologia

Prostamol è un integratore alimentare a base di serenoa repens (enzima capace di prevenire l’ipertrofia prostatica benigna), si presenta sotto forma di capsule molli che può:

  • prevenire l’ingrossamento delle ghiandole prostatiche
  • ripristinare la normale funzionalità della prostata
  • inibisce la formazione di testosterone
  • contrasta la proliferazione di cellule prostatiche
  • ha proprietà antiflogistiche

Prostamol è indicato per i soggetti adulti intorno ai 50 anni sia come coadiuvante che come preventivo dei problemi alla prostata. Si consiglia l’assunzione di una capsula al giorno dopo i pasti (previo consiglio medico).

Effetti collaterali di Prostamol

Prostamol può avere degli effetti collaterali, ma nettamente inferiori ad altri farmaci della stessa categoria, Prostamol non deve essere assunto:

  • in gravidanza e allattamento (causa problemi ormonali)
  • nei bambini
  • in pazienti con una storia di infarto del miocardio
  • nei soggetti allergici ad uno o più componenti

Un uso improprio o eccessivo di Prostamol può causare nausea, vomito, dolori addominali e disturbi gastrici. Chiedere sempre il parere del medico.

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Fonte: http://www.vivodibenessere.it/prostamol/

FUNGHI CHAMPIGNON RIPIENI

In autunno è bene rinforzare il sistema immunitario per prepararsi al freddo invernale ed i funghi sono spesso consigliati in questo periodo dell’anno per aiutare l’organismo a difendersi meglio.

Contengono pochissimi grassi, aiutano a regolare l’assorbimento degli zuccheri e quindi risultano ottimi per chi debba seguire un regime alimentare dietetico.

Apportano una buona quantità di vitamina D, che favorisce la fissazione del calcio nel tessuto osseo, con benefici dal punto di vista della prevenzione dell’osteoporosi e vitamine del gruppo B, che assicurano il buon funzionamento del sistema nervoso.  Sono un’ ottima fonte di minerali in particolare fosforo, potassio, selenio e magnesio.

Possono essere utilizzati per uno sfizioso secondo vegan, cucinandoli ripieni di pangrattato. Per non alzare molto l’indice glicemico si può utilizzare il pangrattato di pane integrale.  La curcuma, inoltre, aiuta nel controllo della glicemia.

RICETTA

FUNGHI CHAMPIGNON

2 – 3  manciate di PANGRATTATO INTEGRALE

SALE  quanto basta

OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA (EVO)

CURCUMA  ( la punta di un cucchiaino)

1 mazzetto di PREZZEMOLO

1 testa di AGLIO

1 manciata di SEMI DI GIRASOLE

 

PROCEDIMENTO

Pulite bene i funghi eliminando la terra in eccesso e sciacquandoli bene sotto l’acqua corrente.

 

Separate la testa del fungo dal gambo. Mettete da parte le teste e affettate i gambi.

 

In una padella versate l’olio e fate soffriggere l’aglio tritato,  aggiungete i gambi affettati,  salate e  cuocete per circa 10 minuti.

 

Trasferite il composto in una ciotola e aggiungete 2 cucchiai di pangrattato, un ciuffetto di prezzemolo tagliato, un po’ di curcuma e i semi di girasole. Mixate tutto il composto con il minipimer.

 

Aiutandovi con un cucchiaino riempite le teste dei champignon con il composto frullato, irrorate con olio extravergine d’oliva e mettete a cuocere in forno statico a 180 gradi per 20 – 25 minuti.

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La tosse frequente e fastidiosa: perché non guarisce?

C’è tosse e tosse: secondo gli ultimi dati forniti dal Congresso Nazionale sulle malattie respiratorie, circa il 50% degli italiani presenta in media due episodi di tosse all’anno e nel 30% dei casi, il fastidioso disturbo tende a durare per più di un mese. Ma che tipologie di tosse esistono? Vediamole insieme: Tracheite, con sensazione di bruciore al petto. Molto spesso si presenta come una tosse definita “cavernosa”, ossia associata alla presenza di catarro e che tende ad aumentare nel corso della notte. Potrebbe trattarsi di tracheite, un’infiammazione generalmente di origine virale a livello della trachea. Come rimediare? Innanzitutto occorre umidificare gli ambienti di casa, servendosi ad esempio di un vaporizzatore facilmente reperibile ed acquistabile in farmacia, inoltre è opportuno restare al caldo, e dormire mantenendo la testa leggermente sollevata: questo “escamotage” aiuta, infatti, a ridurre notevolmente gli attacchi di tosse nelle ore notturne. Tosse persistente, secca e stizzosa: potrebbe trattarsi di reflusso gastroesofageo. Questa tipologia di tosse, che dura per diverse settimane consecutive, tende a presentarsi maggiormente al mattino ed è accompagnata da raucedine e un leggero fastidio all’altezza dello stomaco o una sensazione di pesantezza in gola. Il reflusso gastroesofageo può presentare questi sintomi fastidiosi ed è causato dal fatto che la valvola che mantiene “chiuso” lo stomaco durante il processo di digestione, in questo caso, non riesce a chiudersi completamente provocando la risalita verso l’alto, di cibo e acidi gastrici che tendono, così ad irritare la gola e le pareti dell’esofago. Come rimediare? E’ opportuno, specialmente nei pasti serali, cercare di ridurre quegli alimenti che tendono ad aumentare l’acidità gastrica ossia cibi grassi, alcol, caffè e condimenti troppo piccanti come peperoncino e altre spezie. E’ consigliabile non sdraiarsi subito dopo aver mangiato ed è meglio evitare gli sforzi fisici. Se il disturbo persiste per troppo tempo è meglio rivolgersi al proprio medico curante che potrà prescrivere farmaci antireflusso che, formando una pellicola protettiva lungo le pareti dell’esofago, lo proteggono dagli acidi e dalla risalita inopportuna dei succhi gastrici. Tosse secca e mal di gola associato: potrebbe trattarsi di Laringite. La laringite si presenta con una tosse stizzosa e pungente, un abbassamento della voce e, talvolta, qualche linea di febbre. Si tratta di una modesta infiammazione a livello della gola, generalmente causata da virus di origine influenzale e può durare anche una settimana. Come rimediare? Via libera all’assunzione di liquidi durante il corso della giornata, quindi acqua, tè, spremute di frutta fresca e il rimedio della nonna “latte e miele”: i liquidi, infatti, aiutano a reidratare correttamente le mucose e servono per ridurre la tosse secca. Se la tosse non passa, è possibile, sotto consiglio medico, assumere uno sciroppo sedativo per calmarla, prestare attenzione anche ad evitare gli sbalzi di temperatura e a passare troppo repentinamente dal caldo al freddo, proteggere la gola, specialmente in inverno, con una sciarpa. Tosse sibilante: si presenta con sintomi come la sensazione di difficoltà a respirare, di costrizione toracica. Potrebbe trattarsi di tosse allergica: tende a presentarsi in seguito ad uno sforzo intenso, si amplifica durante la notte, e tendi a tossire in presenza di smog elevato. Come rimediare? In casi come questo, è opportuni rivolgersi ad un allergologo che potrà prescrivere test specifici utili per identificare il tipo di allergene che causa questa tipologia di tosse, per arrivare a prescrivere farmaci antistaminici (per bocca o spray nasali).

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Salute e bellezza

Salute e bellezza sono reciprocamente dipendenti
Tra salute e bellezza c’è un rapporto bilaterale o, per così dire, scambievole, in quanto la prima incide sulla seconda e ne è a propria volta influenzata in una sorta di circuito virtuoso. Se è evidente che la salute di una persona, nel suo più ampio senso di benessere psicofisico, è un fattore in grado di modificarne anche sensibilmente l’aspetto, è altrettanto vero che quest’ultimo ne condiziona fortemente lo stato mentale e può altresì influire su quello fisico.

Salute e bellezza
Sia la salute fisica che quella psichica producono effetti visibili e si ripercuotono, in maniera più o meno evidente, sull’esteriorità degli individui. Entrambe condizionano l’aspetto sia direttamente che indirettamente.

Quanto alla prima modalità pelle e capelli, per fare l’esempio più banale, sono veri e propri specchi del livello di benessere complessivo: qualunque patologia, i disordini alimentari e le alterazioni digestive e intestinali si manifestano immancabilmente con acne, psoriasi, smagliature, caduta e perdita di tono dei capelli e via dicendo.
Non solo le malattie vere e proprie ma anche l’indistinto malessere del corpo o dell’anima lasciano segni più o meno evidenti: borse ed occhiaie, sguardo spento e pallore sono tipiche somatizzazioni di un disagio.

Non meno incisive sono le conseguenze mediate del malessere. Esso, oltre ad indurre ad una minor cura della propria immagine, rende più cupi e portatori di contagiose energie negative, laddove il sorriso è la principale attrattiva di ciascuno.

Bellezza e salute
La bellezza, intesa come armonia esteriore e, come tale, suscettibile di non soggiacere alla mutevolezza dei canoni, è uno degli attributi che maggiormente determinano la percezione che l’individuo, uomo o donna che sia, ha di sé e il suo modo di rapportarsi agli altri. La gradevolezza dell’aspetto spesso rende le persone più soggette alle attenzioni altrui fin da piccole, inducendole così a sviluppare una migliore propensione a relazionarsi con l’esterno e, con essa, sicurezza, autostima ed equilibrio interiore. E tali benefici sono tanto superiori quanto meno i “”belli”” considerano la propria dote con superficialità e leggerezza.
La scarsità di occasioni di socializzazione, al contrario, genera stress e può rendere più vulnerabili anche nel fisico.

Se una correlazione del tipo descritto esiste naturalmente tra bellezza e salute, è quasi superfluo sottolineare che la società moderna ha esasperato il ruolo della prima al punto da indurre nei soggetti più fragili, soprattutto donne, vere e proprie patologie direttamente connesse alla valutazione della propria immagine. Basti pensare all’inquietante diffusione di malattie di origine psichica che provocano disturbi alimentari, quali anoressia e bulimia. Non c’è bisogno di evidenziare che fenomeni del genere costituiscono aberrazioni che, in quanto tali, esulano dall’ordinarietà degli effetti che la bellezza ha sulla salute e le cui cause vanno ricercate altrove.



Fonte: http://salute-bellezza.mg-freewebsite.net/medicine-alternative/salute-e-bellezza/

La dieta del gruppo sanguigno: bufala o realtà?

Niente pizza per il gruppo O, niente pomodori per il gruppo A etc… la dieta del gruppo sanguigno è una lunga lista di alimenti che possiamo o non possiamo mangiare: la solita bufala o una dieta con fondamento scientifico?

Dieta gruppo sanguignoÈ già da un po’ di tempo che si parla della dieta del gruppo sanguigno. Tutto è nato dalla pubblicazione di un libro, scritto da Peter D’Adamo, medico naturopata, che si intitola “Eat right four your type”, dove l’autore sottolinea la necessità di una dieta personalizzata a seconda del gruppo sanguigno di appartenenza.

Il libro ha avuto molta risonanza e molto successo, anche se ha creato molti dubbi e perplessità circa il seguire o meno i consigli dispensati da D’Adamo.

Ci sono i sostenitori del libro, e i suoi detrattori. Molte persone si chiedono se sia meglio tener conto di queste informazioni, oppure no, quindi cerchiamo di fare un po’ di chiarezza, sia su cosa è il gruppo sanguigno, sia su cosa centra quest’ultimo con la dieta, e se effettivamente esistono fondamenti scientifici a supporto di questa tesi. Cominciamo quindi dall’inizio.

Cos’è il gruppo sanguigno?

Il gruppo sanguigno è una caratteristica ereditaria legata ai globuli rossi, a tutte le cellule dell’organismo ed anche ai liquidi organici (ad es. il plasma). Il gruppo sanguigno diverso ha a che fare con una caratteristica del nostro sistema immunitario che riguarda la presenza di antigeni specifici sulle cellule del nostro corpo. Gli antigeni sono delle molecole presenti sulla superfice delle cellule che fungono da “carta di identità” per aiutare l’organismo a riconoscere le sostanze amiche da quelle nemiche; in sostanza riconosce gli elementi estranei (virus, batteri, cellule tumorali ecc..) che portano su di loro antigeni diversi dai nostri, e se il nostro organismo li riconosce, produrrà degli anticorpi specifici per quelle sostanze nemiche incompatibili con il nostro organismo, cercando di distruggerli. Gli antigeni che determinano il gruppo sanguigno fanno parte dell’attività di difesa dai nemici da cui dobbiamo difenderci, una sorta di carta di identità che il sistema immunitario controlla quando si trova in presenza di un elemento sospetto. Gli esseri umani possiedono uno di quattro possibili gruppi. Se i nostri globuli rossi non sono portatori di nessun antigene, ci troviamo di fronte al gruppo 0, se portano un determinato tipo di proteina glicosilata appartengono al gruppo A, se ne portano un’altra appartengono al gruppo B, se infine sono portatori di entrambe, appartengono al gruppo AB. A questo punto la domanda è:

Cosa c’entra il gruppo sanguigno con la dieta?

Che c’entrano gli antigeni con gli alimenti? Intanto puntualizzo che il gruppo sanguigno non causa effetti diversi del cibo nelle diverse persone, semplicemente il gruppo è usato come una sorta di etichetta, un bio-marker che si associa a tutta una serie di molte altre caratteristiche genetiche che, nel corso dell’evoluzione, si sono sviluppate parallelamente al gruppo sanguigno di appartenenza.
Secondo l’autore, Peter D’Adamo, il gruppo 0 è il gruppo più antico, per intenderci quello del cacciatore, l’uomo di Cro-Magnon, che viveva principalmente di caccia e di raccolta. Successivamente, quando la cacciagione divenne scarsa e difficile, si formarono comunità agricole, che addomesticavano gli animali, e in seguito alla selezione naturale si creò un nuovo gruppo, e cioè il gruppo A. in tali comunità agricole il gruppo A diventò dominante. Col passare del tempo altri tratti genetici si svilupparono in questi nuovi gruppi più stanziali, ad esempio la capacità di digerire meglio i cereali, rispetto al “vecchio” cacciatore, che non si era mai cibato di cereali. Per contro i nuovi uomini avevano difficoltà a digerire porzioni abbondanti di carne, magari anche poco cotta, e ricca di germi che non si riuscivano a debellare con una buona cottura. Ovviamente ciò non significa che il gruppo 0 sia prettamente carnivoro e debba mangiare soprattutto carne, o il gruppo A sia solo vegetariano e non debba mangiare carne: semplicemente l’autore intende che la storia segnala una predisposizione evolutiva verso un certo tipo di alimentazione e di attività fisica più forte e vigorosa, piuttosto che un’ adattamento ad un regime più ricco di proteine vegetali ed un’attività fisica più moderata. Con ulteriori e successivi influssi migratori si è poi sviluppato il gruppo B, in climi più freddi e rigidi, in impervi territori negli altipiani nordici della terra, da cui nasceranno altri adattamenti evolutivi. Infine la nascita del gruppo AB, molto più recente, e piuttosto raro, probabilmente dall’incontro delle popolazioni barbare nord-europee, portatrici del gruppo B, con i discendenti della civiltà Greco-Romana, portatori del gruppo A.

D’Adamo , sostiene che , sulla base di questa diversa eredità genetica, esiste una diversa predisposizione alle malattie: il gruppo 0 sarebbe più predisposto all’ulcera peptica per la maggiore acidità di stomaco, malattie autoimmuni, artrite reumatoide e allergie per la maggiore aggressività del suo sistema immunitario. Ha però la capacità di combattere meglio le infezioni, e digerire cibi difficili come le proteine azotate.

Il gruppo A è più predisposto alle malattie croniche, come tumori, malattie cardiovascolari, e più esposto a disordini immunitari come la sclerosi multipla.

Il gruppo B è più protetto da queste ultime, avendo un sistema immunitario più tollerante. Quindi meno soggetto ad allergie, malattie autoimmuni, ma più suscettibile alle infezioni.

Per quanto riguarda la dieta, D’adamo, che già nel 1957 aveva notato come pazienti appartenenti a gruppi sanguigni diversi reagivano in modo diverso alla medesima alimentazione, sostiene che il sangue è la principale fonte di nutrimento per i tessuti. Intraprese quindi un percorso di ricerca allo scopo di stabilire se ci fosse una correlazione tra malattie e gruppi sanguigni. Ben presto riuscì a collegare due delle principali malattie dello stomaco (cancro e ulcera peptica) rispettivamente ai gruppi A e 0. Scoprì poi che all’origine di questo collegamento ci sono le lectine, una famiglia di proteine agglutinanti contenute negli alimenti. Le lectine reagiscono in modo diverso in base agli antigeni dei gruppi sanguigni, formando grumi che a volte sono facili da espellere, altre volte si depositano nell’organismo infiammandolo. Il primo step, secondo D’Adamo, è quello di consumare alimenti che sono compatibili “storicamente” con quelli che consumavano i nostri progenitori e che contengono antigeni in accordo con il proprio gruppo sanguigno. Andiamo a spiegare meglio.

In che consiste la dieta del gruppo sanguigno?

In sintesi, il gruppo 0 è più compatibile con la carne, il pesce, le uova , frutta e verdura, ma non latte, latticini e cereali; il gruppo A dovrebbe prediligere un’alimentazione vegetariana, e poche proteine animali, il gruppo B può mangiare un po’ di tutto, compresi latte e latticini, ma deve evitare i semi oleosi, la frutta secca e il pollo, per la questione delle lectine, che è il secondo pilastro di questa dieta.

Come detto prima, quando il nostro organismo individua un nemico, lo riconosce, rilascia degli anticorpi che si lega a quell’antigene nemico formando una specie di colla, che fa sì che il nemico (ad esempio un batterio), sia agglutinato, ammanettato per dirla facile, per poi essere riconosciuto ed eliminato. Dato che gli antigeni dei gruppi sanguigni sono i più potenti per riconoscere i nemici, le reazioni a cui danno luogo sono le più forti e potenti. Dato poi che gli antigeni degli alimenti assomigliano a quelli dei gruppi sanguigni, se assumiamo antigeni poco compatibili geneticamente con il cibo, è come se facessimo una trasfusione di sangue del gruppo sbagliato. In quel caso gli effetti potrebbero essere devastanti perché i diversi antigeni si farebbero la guerra come acerrimi nemici.

Quindi secondo D’Adamo, assumere cibi poco compatibili causerebbe agglutinazione tra il sangue e il cibo, con conseguenze negative sull’organismo. Queste proteine che causano l’ agglutinazione si chiamano lectine. Sulla base di queste ed anche altre ricerche (non sappiamo però bene quali), D’Adamo ha creato delle tabelle di alimenti compatibili con ogni gruppo sanguigno.

Attenzione! La dieta del gruppo sanguigno non ha un fondamento scientifico.

Bisogna sottolineare,percò, che sono state fatte ricerche in vitro con cibi contenenti antigeni e gruppi sanguigni, ed in alcuni casi, pochi in verità, è avvenuta la famigerata agglutinazione. Diverso il discorso per la maggior parte dei cibi, con i quali non è avvenuta nessuna agglutinazione. Senza contare che una cosa è una prova in vitro, un’altra è ciò che accade all’interno del corpo, dove attraverso la digestione molte di queste lectine vengono distrutte.

Quindi queste liste di alimenti potrebbero essere considerate un orientamento, ma non una legge scientifica, in quanto non esiste un fondamento scientifico sicuro di questa teoria, che rimane, appunto una teoria. La verità è che la maggior parte delle lectine causano agglutinazione, ma la causano nello stesso modo indipendentemente dal gruppo sanguigno! Rispondono quindi ad altri antigeni, e spesso causano agglutinazione, non dei globuli rossi, ma di altre cellule. Il problema delle lectine esiste, ma c’entra poco o niente con il nostro gruppo sanguigno, tenendo conto che il nostro sistema di difesa riesce ad essere fortunatamente piuttosto efficace nel debellare le lectine. Questo diventa un problema significativo solo in quelle persone che hanno difficoltà nell’impedire l’agglutinazione poiché manca di strutture efficacemente difensive: parlo soprattutto dei casi di favismo e della celiachia. In altri casi le lectine sono considerate addirittura antitumorali, poiché promuovono l’agglutinazione delle cellule maligne.

Conclusioni sulla dieta del gruppo sanguigno

Positivo è l’approccio nutrigenomico di questo modello, nel senso che questo medico è stato uno dei primi che ci ha fatto comprendere che non tutti i cibi vanno bene per tutti, perché ciascuno di noi ha un patrimonio genetico diverso, e su questa base lo stesso alimento può avere effetti diversi su persone diverse.
Questo significa che le diete, e i regimi alimentari in generale vanno personalizzati e devono tener presente di molti fattori diversi, a seconda della storia personale, dei vari polimorfismi genetici, e non solo del gruppo sanguigno. Molti autori sostengono che il limite di questa dieta è quello di essere assolutamente “semplicistica”, poiché ridurre tutto l’universo della nutrizione al solo “polimorfismo” del gruppo sanguigno, è controproducente. Basterebbe allora ridurre tutta l’umanità in quattro gruppi ed assegnare ad ogni gruppo i cibi della “lista”. Esistono migliaia di altri polimorfismi genetici da considerare, senza tener conto del senso di colpa che ci verrebbe ogni volta che ci viene voglia di un cibo che non fa parte della nostra “lista” del gruppo sanguigno!

Non dimentichiamo che questa è solo una teoria come tante, ma è ben lungi dall’essere una verità assoluta. Una teoria è sempre comunque valida di rispetto, ma rimane pur sempre una teoria finchè non si riesce a dimostrare con assoluta precisione e sperimentalmente la sua validità. Molti antropologi non sono neppure d’accordo sul fatto che il gruppo 0 sia il più antico, e su queste basi come possiamo tener conto di queste tabelle? Solo questa informazione mette in discussione tutta la teoria di D’Adamo.

Non esiste nessun lavoro scientifico a supporto di questa teoria e non esistono studi epidemiologici a supporto. Solo dati aneddotici, che però sono parva materia. Quindi non evitate la pizza (ma mangiatela solo ogni tanto però) se appartenete al gruppo 0! Ma se vi fa piacere, potete sperimentare se effettivamente vi sentite meglio eliminando o prediligendo determinati alimenti secondo la teoria di D’Adamo. Sempre però con il dovuto buon senso, sapendo che non esistono prove certe a suffragio di questa teoria, e tenendo conto che ci sono una miriade di altri fattori che determinano il modo in cui il nostro organismo reagisce agli alimenti.

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In terapia intensiva bisogna… pedalare!

Praticare una blanda attività fisica a letto, ad esempio usando una cyclette motorizzata per la ginnastica passiva, aiuta i pazienti ricoverati in terapia intensiva a rimettersi in piedi prima del tempo. Lo dimostra uno studio canadese pubblicato dalla McMaster University sulla rivista Plos One.

Cyclette a letto

«La capacità di questi pazienti di pedalare nonostante le condizioni di salute critiche ha davvero superato le nostre aspettative», afferma la coordinatrice dello studio Michelle Kho, che insieme al suo gruppo di ricerca ha introdotto la cyclette da letto nella routine quotidiana di 33 pazienti maggiorenni della terapia intensiva che erano sottoposti a ventilazione meccanica e che prima del ricovero erano in grado di camminare da soli.

Fisioterapia fin dai primi giorni

Sotto la supervisione di un fisioterapista, i pazienti hanno cominciato a pedalare nei primi tre giorni di ricovero e lo hanno fatto per circa mezz’ora al giorno, sei giorni su sette, coprendo in media una distanza complessiva di 9 chilometri durante la loro permanenza nel reparto. Dal monitoraggio delle loro condizioni è emerso che pedalare già nei primi quattro giorni di ventilazione meccanica è sicuro e fattibile per quei pazienti che hanno una circolazione stabile.

Un aiuto per i muscoli

Presto verranno avviati nuovi studi per verificare se questa attività fisica assistita possa portare benefici significativi alle condizioni generali di salute, ma i ricercatori sono convinti che possa contrastare l’immobilità a cui sono costretti i pazienti allettati, aiutando a mantenere il tono muscolare e facilitando la deambulazione al momento delle dimissioni.

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Educazione cinofila: relazione e compromessi

Educazione cinofila: relazione e compromessi

La psicoterapeuta americana Robin Norwood nel suo libro DONNE CHE AMANO TROPPO scrive:
“L’accettazione è l’antitesi della negazione e del controllo. E’ la disponibilità a riconoscere la realtà per quella che è, e a permetterle di esistere come è, senza sentire il bisogno di cambiarla.
Questo è il segreto di una felicità che non viene dalla pretesa di manipolare le cose e le persone che ci circondano, ma dalla capacità di sviluppare una pace interiore, anche di fronte alle provocazioni e alle difficoltà.” (cit.)
Benché il libro in questione non tratti assolutamente di cinofilia, ma di un argomento totalmente diverso, ho creduto che questa frase sia applicabile anche in tale contesto.
Nel mio lavoro di educatore mi capita spesso di lavorare con dei cani che richiedono un percorso educativo mirato ai loro proprietari: ovvero basato sull’acquisizione delle competenze necessarie per capire i bisogni e le esigenze del proprio cane e non viceversa, come erroneamente si potrebbe pensare. Talvolta, per esempio, un cucciolo eccessivamente mordace o con uno scarso autocontrollo, necessita NON di attenzioni maggiori da parte del proprietario, bensì di quelle che sono delle corrette attenzioni! In questi casi il problema non risiede nell’interrompere il comportamento del cane, quanto invece far capire al proprietario che le soluzioni adottate fino a quel momento non sono state utili né alla risoluzione del problema, né a favorire il benessere del cane stesso. Se abbiamo però la voglia e capacità di autocritica nel capire che un problema sussiste, e l’intenzione di migliorare mettendoci in discussione, possiamo affidarci ad una figura professionale competente che ci può aiutare a superare con successo e soddisfazione le difficoltà incontrate nel rapporto di crescita tra noi e il nostro amico a quattro zampe.
Ma spesso mi trovo, con mio grande dispiacere, di fronte a problematiche ben diverse.
Come accennato nell’articolo precedente, ogni cane è un soggetto unico ed irripetibile soprattutto per quanto riguarda il suo carattere, anche se l’appartenenza ad una razza, o nel caso dei meticci a un mix di razze, può dare qualche indicazione in più riguardo agli interessi e le motivazioni. Spesso, infatti, la scelta di adottare o acquistare il loro futuro amico, viene fatta senza avere tutte le informazioni necessarie riguardo al passo che stanno compiendo: ad esempio la scelta può essere fatta su una base puramente estetica, oppure si fanno orientare dalle emozioni scegliendo l’esemplare che stimola più tenerezza o che nella cucciolata o nel canile sembrava essere più bisognoso di cure. Capita così che dopo un iniziale periodo di entusiasmo, si rivolgano ad un educatore perché vedono deluse le loro aspettative! Chi ha portato in casa un amico a quattro zampe idealizzandolo come calmo e quieto, si ritrova invece un cagnone che sprizza energia e voglia di fare da tutte le parti distruggendo casa, oppure il contrario, chi immaginava di giocare con lui al tiro della pallina per delle ore, vede delusa l’aspettativa del riporto, o totale disinteresse verso quel determinato tipo di gioco. Altri ancora si stupiscono per la diffidenza che il proprio cane mostra verso gli estranei perché sognavano un esemplare socievole con qualsiasi persona; senza enumerare chi desiderava fare lunghe passeggiate e portarlo anche al parco per i cani, dove lasciarlo libero di correre e giocare, ma scopre che è potenzialmente litigioso con i suoi simili.
Ne va da se che le aspettative del futuro proprietario sono un tassello molto importante e spesso dolente che va quindi necessariamente ponderato al momento della scelta; e sarebbe senz’altro opportuno che la figura professionale coinvolta ne fosse messa al corrente, così da indirizzare al meglio il cliente. Tuttavia può anche accadere che pur avendo valutato e ponderato al meglio il cane adottato, per atipicità o per via delle sue precedenti esperienze, non proponga e mostri interesse per le attività nelle quali tanto si desiderava coinvolgerlo.
Ed è in questo momento che mi vengono in mente le parole della Norwood, quando i proprietari delusi dallo scarso interessamento del cane a determinate attività, mi chiedono come modificare il suo comportamento, o come poterlo “addestrare” a fare un’attività specifica, e quindi renderlo a tutti i costi come loro lo immaginano e desiderano. Queste richieste fanno intendere che non c’è stata una ricerca nel capire quali sono le sue attitudini e preferenze, ma piuttosto evidenziano un mancato bisogno del proprietario che si manifesta nel proporli esclusivamente quel genere di attività. La gioia e la bellezza della relazione con un cane sta anche in questo: scoprirsi e scoprire se stessi! Accettando che non potremo ad esempio, giocare con la pallina, perché non rientra nelle sue preferenze, perché al cane non interessa inseguirla, ma assecondandolo invece in altre attività che manifesterà; impegnarsi nel capire cosa li fa piacere fare e darsi la possibilità reciproca di scoprire così nuovi giochi che non si pensava potessero essere tanto divertenti.
Alla base di una buona relazione o di un qualsiasi altro percorso educativo o addestrativo, dovrebbe sempre esserci l’accettazione dell’altro, perché è il primo fondamentale passo per una convivenza felice e appagante.
Il percorso educativo risulta quindi importante per fornire diverse capacità al proprietario, che imparando a relazionarsi può insegnare al proprio cane diverse cose, come ad esempio rispondere ad alcune semplici richieste come: “seduto”, “terra”, o il “resta”. Imparare a conoscere meglio la comunicazione canina e quindi a capire poi le interazioni fra cani, e soprattutto farsi comprendere dal proprio, fornisce inoltre ottimi strumenti allo stesso cane per avere una buona consapevolezza del proprio corpo e fiducia nel proprietario, in modo tale da costruire un approccio al mondo positivo. Ma la cosa più importante da evidenziare è la reciproca conoscenza che si instaura tra i due: il cane saprà riconoscere quando il proprietario si aspetta qualcosa da lui e viceversa il proprietario imparerà a capire quali sono le attività che appagano il suo amico.
Questo sarebbe da tenere bene a mente, perché la convivenza con un cane che propone atteggiamenti problematici non è semplice, come spesso è difficile accettare la delusione delle nostre aspettative; ma se ci soffermiamo più di un attimo a ragionare e prendiamo la saggia decisione dell’accettazione dell’altro, in questo caso del nostro amico, per come è, e non per come vorremmo che fosse, ci renderemo conto che è possibile trovare le soluzioni. E tutto il percorso di crescita e vita insieme sarà molto più semplice e soprattutto appagante.

Di Eleonora Raga

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Come preparare l’insalata russa

Come preparare l’insalata russa? E’ questo un piatto molto gustoso che può essere servito in tavola come antipasto oppure come gustoso contorno. Pochi ingredienti saranno sufficienti per prepararla e semplice è anche la ricetta. Insomma se non avete grande dimestichezza in cucina, non scoraggiatevi: l’insalata russa può essere preparata anche se non siete cuoche perfette.

insalata russa

(...)
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Le migliori #15 scoperte in medicina nel 2016

Le #15 migliori scoperte in medicina nel 2016 scelta dalla redazione.

#15 Sclerosi Multipla: un antistaminico blocca la degenerazione neuronale

#14 Addio Ai Batteri super-resistenti grazie alla terapia fagica

#13 Metastasi: un peptide le blocca

#12 Cancro al colon-retto: scoperto un nuovo metodo diagnostico

#11 Morbo di Crohn: nuove speranze terapeutiche

#10 CRISPR in azione: iniziato il primo trial clinico

#9 Celocentesi: un test precoce per la diagnosi prenatale

#8 Occhi bionici per ritrovare la vista: un successo italiano nel trapianto di retina

#7 TMP1, il meccanismo responsabile delle metastasi al fegato da carcinoma pancreatico

#6 Microbiota intestinale, l’inaspettato ruolo nel Parkinson

#5 Diabete: dalle staminali ad un passo verso la cura definitiva

#4 Con l’editing Genetico è possibile l’eradicazione dell’HIV

#3 Il vaccino contro il cancro al polmone: CimaVAX

#2 Un “super-anticorpo” contro l’HIV

#1 Impianto Cerebrale Wireless per la paralisi spinale

 

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Non sottovalutiamo gli attacchi d’ansia degli studenti

Interrogazioni, compiti in classe e problemi con compagni e professori scatenano sempre più attacchi d’ansia in alcuni ragazzi e ragazze particolarmente sensibili della Scuola media e superiore. Le manifestazioni comuni sono la difficoltà di respirazione, come se si avesse un peso che schiaccia il petto, la sudorazione improvvisa e immotivata, l’inacapacità di spiegare cosa succede, quindi scena muta, a volte macchie sul viso e sul collo che spariscono quando il soggetto si calma. Queste manifestazioni, se si presentano più volte, diventano sempre più evidenti e consistenti in quanto ognuna si rinforza dal ricordo ancora presente della precedente. A lungo andare si trasformano in veri a propri attacchi di panico.

Lavorando nelle scuole, come psicologa scolastica, ho visto diversi casi di attacchi d’ansia nati così per caso, perché il ragazzo o la ragazza non avevano studiato abbastanza quel giorno  o erano già in crisi per altri motivi, poi l’ansia è cresciuta mano a mano fino a diventare attacchi di panico veri e propri con sintomi simili ma con l’aggiunta di immobilizzazione: il soggetto fatica a respirare, suda, non riesce a parlare e non riesce più a svolgere alcuna attività fino a quando non si calma. A questo punto subentra la paura anche nei momenti di normale vita quotidiana, paura che succede di nuovo!

Il timore che ritorni un altro attacco di panico è l’effetto collaterale devastante degli attacchi di panico stessi, e quello che convince i soggetti di non essere più persone “normali” ma malati.

Gli attacchi di panico si curano con terapia psicologica e farmacologica, non guariscono spontaneamente senza cure, per questo è necessario fare prevenzione quando si tratta ancora di ansia perché questa è curabile con poche sedute psicologiche a differenza dell’attacco di panico che guarisce nel giro di anni.


Dott.ssa Trevisol Loana

Psicologa

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I 10 cibi più calorici delle feste

Giornate intere passate in casa con amici e parenti sono una gioia alla quale non si può rinunciare. Il Natale, si sa è una delle poche occasioni durante la quale si cerca di raccogliersi tra gli affetti che, magari, sono lontani per il resto dell’anno. L’importante è però, non raccogliere troppi chilogrammi.

A tal proposito vi propongo una top 10 dei cibi più tipici, ma soprattutto più calorici delle tanto agognate festività natalizie, sperando di invogliarvi a dire più spesso di no all’ennesimo pezzetto di torrone che la zia vi pone sotto il naso.

(Calcolo delle calorie su 100 g di prodotto)

Pandoro: il tipico dolce veronese, famoso oggi in tutta Italia, può sembrare più leggero di tante altre prelibatezze natalizie, ma in realtà contiene ben 400 calorie.

Panettone: il più fedele alla ricetta milanese originale, quindi a base di canditi e uvetta contiene 360 calorie, se si preferisce invece un panettone arricchito di gocce di cioccolato, allora le calorie saliranno a 430.

Torrone: 100 g di torrone classico contiene ben 460 calorie. I torroni ancora più golosi a base di mandorle e nocciole sfiorano addirittura le 580 calorie.

Calcionetti: i panzerottini dolci, tipici della tradizione abruzzese, preparati con marmellata d’uva nera, ceci, noci tritate, mandorle triturate, mosto e cacao, apporteranno al vostro menù ben 510 calorie.

Struffoli: dolci caratteristici della Campania, sono palline di piccole dimensione, preparati con pasta frolla ricca di uova, burro e zucchero e, successivamente, fritti nell’olio. Il tocco di dolcezza finale, è garantito dal miele, dalle scorze d’arancia e di cedro che li ricoprono. 500 calorie.

Cartellate: preparate in tutte le cucine della Puglia e Basilicata per il natale, le cartellate non sono altro che dei nastri di una sottile sfoglia di pasta, ottenuta con farina, olio e vino bianco, avvolta su sé stessa fino a formare una specie di “rosa” che verrà poi cotta in abbondante olio. Una volta cotte le cartellate vengono impregnate nel miele o semplicemente spolverizzate con zucchero a velo, per un totale di 600 calorie (le calorie scendono un po’ se non le si immerge nel miele)

Panpepato: dolce tradizionale del centro Italia, il Panpepato è caratterizzato da ingredienti come cacao amaro, cioccolato fondente, noci sgusciate, mandorle, nocciole, pinoli, uva passa, miele, farina e ovviamente dal pepe nero. Le varianti di questo dolce sono molteplici e le calorie possono essere diverse per ognuna, ma all’incirca per un 100 g di panpepato, contiamo 500 calorie.

Spumante: a rinfrescare il palato non può mancare lo spumante, ma ricordiamoci che per soli 10 cl di spumante dolce, manderemo giù 90 calorie.

Frutta secca e candita: nei cesti natalizi non mancano mai fichi secchi, datteri, frutta candita, che attirano i golosi di tutte le età. 100 g di datteri secchi equivalgono a 135 cal., 100 g di fichi secchi a 256 , 100 g di frutta candita a 310, 100 g di mandorle a 603 cal, 100 g di noci a 582 e 100 g di pistacchi a 600 cal.

Gubana: tipico dolce del Friuli, è preparato con pasta lievitata ripiena di noci, uvetta, pinoli, zucchero, liquore e ha una forma particolare a chiocciola. È servito generalmente irrorato da slivovitz, un liquore ricavato dalla distillazione delle prugne. 700 calorie.

Dopo questo cortissimo elenco di alcune delle prelibatezze natalizie del nostro bel Paese, rimbocchiamoci le maniche e non piangiamoci addosso se di torrone ne abbiamo mangiato troppo o se ci siamo riempiti la bocca di calcionetti e struffoli, perchè passato capodanno il nostro obiettivo sarà riacquistare un giusto peso in vista dell’estate 2011.

Ecco a voi qualche consiglio per tornare in forma:

  • Bevete almeno due litri di acqua al giorno e possibilmente lontano dai pasti.
  • Salate molto poco i piatti (cercate di ridurre la quantità di sale anche quando fate bollire l’acqua per la pasta)
  • Provate ad inserire nella vostra dieta, per almeno 3 volte a settimana, un bel piatto di minestrone
  • Iniziate i pasti con un’insalata, mangiarla prima di tutto il resto e non come contorno, facilita il metabolismo.
  • Cercate di muovervi il più possibile!

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Wondy e il senso d’urgenza

La notizia della scomparsa di Francesca Del Rosso è rimbalzata oggi più e più volte sul web, tra le pagine dei social e quelle dei vecchi giornali di carta. Giornalista, scrittrice e blogger era diventata “Wondy” dopo aver raccontato nell’omonimo romanzo la sua battaglia contro il cancro. Dinamica e piena di vita, positiva fino alla fine così come la ricorda il marito, anch’esso noto giornalista, attraverso una post-omaggio apparso su un social. Una tragedia e un’ingiustizia che non può lasciaremakeup-556805_1920 indifferenti perchè come Francesca ci sono tante altre wonder woman che lottano per sopravvivere ad una malattia devastante, che si sforzano con tutta l’energia che hanno ancora in corpo per riuscire a trattenere la vita ancora per un giorno. E c’è anche chi, come Wondy, non ce la fa ad invertire il processo degenerativo. La storia della scomparsa di questa professionista, moglie e mamma di quarantadue anni non mi permette di sentirmi indifferente, poichè in poco meno di un anno ho visto anch’io scivolare tra le dita una persona per una malattia simile, anch’essa moglie e mamma di neanche quarant’anni con una professione dall’esposizione decisamente meno mediatica.

Che cosa hanno in comune tutte le Wondy che hanno o stanno incrociando la nostra vita? Hanno voglia di vivere. Questo raccontano, come un mantra, chi le assiste giorno dopo giorno, osservandole nel logorante viaggio tra esami, terapie, speranze, recidive. E qui si pone una domanda a tratti paradossale: di fronte alla morte scatta la voglia di vivere? Il punto è che chiunque è portato a vivere -si chiama istinto di sopravvivenza- però non sempre è così immediato percepire l’attaccamento alla vita, se non quando siamo messi davanti all’inevitabilità della fine.

La percezione del senso d’urgenza è una molla del cambiamento, è una variabile cruciale per l’efficacia personale. Perchè quando si ha consapevolezza dello scorrere del tempo non ci si può permettere di sprecare nemmeno un secondo in attività secondarie o di poco valore.

Quello che mi chiedo è: perchè dobbiamo aspettare che la vita acceleri all’improvviso per desiderare di vivere davvero?

Pensiamo a quante cose non fatte, parole non dette, sfide non accolte, sono protagoniste della nostra “vita”.

“Il mio collaboratore ha fatto un bel lavoro questa volta” cosa aspetti a dirglielo? “Magari poi si monta la testa, del resto ha fatto quello per cui è pagato” e intanto la relazione rimane ad un livello superficiale, cordialmente formale, e l’altro progressivamente perde in engagement.

“Questo lavoro è frustrante, non mi sento valorizzato” cosa aspetti a fare qualcosa di diverso? “Magari poi le cose cambiano”.…..sai già come va a finire.

“Mi piacerebbe lanciarmi in quel progetto” cosa stai aspettando, ancora?

Di cosa abbiamo, in fondo, paura? Di non riuscirci. Quando però proviamo ad evitare la paura del fallimento falliamo comunque, perché invece di faticare per diventare quello che desideriamo ci frustriamo nel consolidare quello che già siamo. (vedi anche La paura di fallire ci fa fallire ugualmente).

Che valore hanno gli esempi di Wondy, della mia amica e di tutte le persone che hanno combattuto per difendere la loro vita nei confronti di una malattia impietosa se non quello di aiutarci a vivere da subito? L’efficacia personale è anche questo: è onorare gli sforzi degli altri per diventare migliori, per realizzare tutto il nostro potenziale, per mettere a servizio i nostri talenti.

Una nota poesia di Martha Medeiros (che non si sa come mai viene attribuita erroneamente a Pablo Neruda) inizia dicendo “Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine” e continua “Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.” 

light-person-woman-fireLeggiamola la sera prima di chiudere gli occhi sulle nostre insoddisfazioni, e il giorno seguente ringraziamo per poterli aprire di nuovo e per vedere che abbiamo a disposizione ottantaseimilaquattrocentosecondi per dare vita a quella giornata.

L’efficacia personale, il benessere, la realizzazione di sè, o come altro si voglia chiamare, parte dalla ferma convinzione che per ottenere qualcosa bisogna andare a pendersela, mettendoci la faccia, osando vivere in modo autentico.

Suggerimenti bibliografici:

F. Del Rosso, “Wondy, ovvero come si diventa supereroi per guarire dal cancro”, Rizzoli, 2014.

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Mal di denti, mal di testa e dolore alla mandibola: una soluzione potrebbe essere il bite!

Avere un bel sorriso smagliante e solare dona bellezza a tutte le età, fa sembrare più giovani, rafforza l’autostima, aumenta la sicurezza e la consapevolezza di sé. Ovviamente alla base di un bel sorriso vi è una dentatura perfetta, ecco perché è estremamente importante risolvere immediatamente i problemi legati alla bellezza dei denti e, naturalmente, alla loro salute. Avete mai sentito parlare di bruxismo? Questo disturbo nervoso, solitamente causato da stress, si manifesta con il digrignamento e il serramento dei denti: gli episodi più frequenti si registrano principalmente durante il sonno. In questo caso, non essendo una fase cosciente, il paziente non si rende conto del disturbo, ma al risveglio accusa dolore alla mandibola e ai muscoli interessati, perché durante la notte sono stati sottoposti ad uno sforzo continuo. Il paziente avverte altresì dolori cervicali, dovuti alla scorretta posizione dei denti durante tutta la notte: la visita odontoiatrica potrebbe aiutare a diagnosticarne la causa evidenziabile anche con l’usura dello smalto dei denti. Una soluzione potrebbe essere il bite dentale: di cosa si tratta? Il termine “Bite” deriva dalla lingua inglese e significa “morso”: si tratta di un dispositivo mobile trasparente che si applica tra le arcate dentarie, è simile al paradenti usato dagli sportivi che però, in quel caso, non svolge funzione terapeutica. E’ costituito da materiali termoformati e da resine acriliche. Il bite può essere definito anche con altri nomi: bite plane, ortotico, placca di michigan. Il Bite è un apparecchio dentale costruito individualmente sul paziente, in modo da essere perfettamente adattato alla sua arcata dentaria, al fine di proteggere i denti dall’usura derivanti da abitudini viziate e favorire il rilassamento muscolare e dell’articolazione temporo mandibolare. A cosa serve il bite dentale? L’applicazione del bite dentale è il toccasana che garantisce immediatamente svariati benefici al paziente, infatti elimina i malesseri dovuti al bruxismo, quali dolori cervicali e infiammazione del trigemino, inestetismi facciali derivati dalla scorretta e continua contrazione dei muscoli del viso e disturbi a carico delle gengive. Secondo recenti studi sembrerebbe che un disturbo a livello dentale possa riflettersi anche con tensioni muscolari, a livello del rachide cervicale e delle spalle. Quali modelli di bite esistono attualmente? Esistono due tipologie di bite con funzioni diverse: il modello morbido e quello duro. Il primo, detto anche bite-plane, si applica per intervenire in patologie muscolo tensive, per favorire il rilassamento dei muscoli masticatori. L’altra versione, il bite duro, è indicato per correggere la tendenza a tenere i denti serrati o a mordersi le labbra. I bite sono apparecchi molto pratici che si applicano durante il giorno nei momenti più stressanti, in cui si può manifestare il bruxismo, oppure di notte se il problema si manifesta durante il sonno. Si possono lavare tranquillamente in acqua fredda o con spazzolino e dentifricio, seguendo le regolari norme di igiene dentale personale: nei momenti in cui non si adopera, il bite si ripone nell’apposito contenitore assolutamente igienico. Che interazione esiste tra bocca e postura? Per quale motivo una disfunzione che nasce dalla bocca in alcuni casi può interessare anche altre parti del corpo? Il legame tra occlusione-deglutizione in diversi casi può arrivare a condizionare anche l’atteggiamento posturale. Parlando dei problemi dell’articolazione temporo-mandibolare ad esempio, bisogna dire che questa articolazione è strettamente collegata alla postura della lingua, e che la lingua inserendosi sull’osso joide (ndr l’osso ioide è una struttura lunga poco più di 5 cm e si trova nella parte anteriore della gola nel punto di passaggio dal cranio al collo. Serve a collegare stabilizzandoli i muscoli del pavimento della bocca con quelli anteriori del collo): ne condiziona la sua fisiologia, il tutto ripercuotendosi sulla postura. Ad esempio, un problema di ipomobilità linguale, dovuto ad un frenulo linguale corto (non tanto grave da rendere necessario l’intervento chirurgico) si accompagna ad un disequilibrio dell’articolazione temporo-mandibolare e quindi ad una malocclusione che puo’ modificare la postura sul piano sagittale (di profilo). Come il fisioterapista può aiutare a risolvere questo problema ? Il disturbo si può risolvere andando ad agire manualmente sull’insieme articolazione temporo-mandibolare, lingua ed osso joide agendo in questo modo si può, in molti casi, modificare la postura della persona e quindi ridurre le conseguenti tensioni muscolari, i dolori nella zona cervicale, lombare, alle spalle, migliorare l’appoggio plantare ecc… Presso il Centro Medico Spallanzani è presente un team qualificato di odontoiatri: Roberto Acquistapace, medico chirurgo, Specialista in Odontostomatologia Calestani Francesco, Specialista in Odontoiatria Carlo Raguso, medico chirurgo, Specialista in implantologia Onorato Marco Natale Cribiù, Specialista in Ortodonzia   Invece, per problemi a livello di cervicale, a carico del rachide e in un raggio più ampio anche a livello posturale, è possibile rivolgersi al Dott. Matteo Fochi, fisioterapista e personal trainer presso Level Metropolitan (per informazioni e consulenze potete chiamare il front office della palestra Level Metropolitan al numero 0521 – 247626).

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La medicina estetica aiuta a ritrovare la bellezza

Ormai moltissime persone ricercano rimedi estetici per prevenire gli effetti del tempo sulla pelle. Sicuramente, fra i trattamenti più conosciuti, vi sono l’acido ialuronico e il Botox: tantissime star sono ricorse a tale procedura medica e l’effetto è chiaramente visibile agli occhi di tutti. La paura di perdere la bellezza di un tempo, infatti, spinge molte persone a ricorrere all’aiuto del medico che saprà indirizzare ogni cliente verso il percorso più adatto. Negli ultimi anni, a seguito dell’aumento della richiesta di questi trattamenti, la medicina estetica ha visto una crescita davvero esponenziale e sia dal punto di vista dell’offerta che dal punto di vista delle tecnologie disponibili, si sono fatti passi da gigante. Inutile dire, tuttavia, che, queste procedure sono abbastanza costose, rimanendo quindi riservate, prevalentemente, a una certa fascia della popolazione. In ogni caso, è possibile trovare trattamenti anche più economici che possono garantire visibili miglioramenti dal punto di vista estetico.

Come detto prima, i trattamenti più conosciuti fra la popolazione sono quelli a base di acido ialuronico e il famoso Botox. Ma di cosa si tratta esattamente? Per quanto riguarda il primo, esso è fondamentalmente una sostanza naturale prodotta dal nostro stesso organismo che rende elastica e idratata la pelle. Tuttavia, con l’avanzare dell’età, i livelli di questa sostanza tendono a decrescere e ciò porta alla comparsa di rughe ed altri piccoli inestetismi. Proprio per questo motivo, il medico estetico dovrà saper valutare attentamente in quali zone andare a concentrare l’azione dell’acido ialuronico, per far si che il trattamento abbia il massimo impatto al prezzo più ridotto possibile. Bisogna tenere in considerazione, inoltre, che l’acido ialuronico, è una sostanza che, salvo casi eccezionali, ha pochissime controindicazioni e, per tale motivo, può essere utilizzato da tutta la popolazione.

Ma la medicina estetica è famosa soprattutto per ricorrere anche all’uso della tossina botulinica di tipo A purificata, meglio conosciuta dalle persone comuni come Botox. Questa sostanza ha la proprietà di inibire l’impulso nervoso da trasmettere ai muscoli e, proprio grazie a questa caratteristica, rughe di espressione, zampe di gallina e rughe intericiliari sono facilmente eliminabili. Il trattamento, che prevede iniezioni della sostanza concentrate nelle zone interessate dagli inestetismi, può essere svolto tranquillamente in ambito ambulatoriale. Bisogna ricordare che è, innanzitutto, una procedura medica reversibile e che le controindicazioni sono molto basse (rossori e bruciori localizzati nelle zone trattate limitati a poche ore). Si può concludere quindi che, grazie a Botox e acido ialuronico, la medicina estetica è un valido aiutante per ritrovare la bellezza perduta.



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Tonici natutali: il Reishi rimedio anti-cancro e non solo…

Anti-cancro, combatte le allergie, i disturbi ossei ed epatici, aiuta i diabetici: è il Ganoderma Lucidum o Reishi ed ha molteplici benefici sull’organismo.

reishi, ganoderma lucidium, tonici naturali, rimedi naturali, rimedi anti-cancroIn realtà esso si annovera trai tonici utilizzati in oriente da più di 3000 anni e ultimamente studiato dagli scienziati per comprenderne gli effettivi benefici. Questo tonico, conosciuto in Cina con il nome di Ling-zhi (Potenza Spirituale) e in Giappone con il nome di Reishi, era molto utilizzato in tutto l’Oriente (Cina, Giappone, Malesia) che ne decantava le virtù curative e la capacità di allungare la vita. Come molti altri tonici usati nella Medicina Tradizionale Cinese e Giapponese, questo fungo ha attività biologiche adattogene, ovvero agisce nell’organismo là dove serve, riuscendo ad essere selettivo dove ci sono squilibri. Addirittura possiamo citare un antico medico della dinastia Ming che in suo libro “Bang Chao Gang Moo” parla della sua efficacia nell’aiutare a vivere “una vita lunga e sana”.

Negli ultimi 20 anni, poi, sono state fatte ricerche più approfondite per cercare di comprendere il raggio di azione di questo tonico, e come agisce nell’organismo.

Come assumere il Reihi?

Intanto c’è da dire che risulta poco commestibile al naturale, data la sua consistenza legnosa e il suo sapore amarostico, ed è per questo che il mercato lo propone in combinazione ad altri prodotti naturali, o sotto forma di polvere o compresse, per rendere più gradevole la sua assunzione ed anche la digestione.

Cosa contiene il Reishi?

Secondo la medicina orientale questo fungo contiene dai 150 ai 200 principi attivi benefici, con caratteristiche biochimiche molto potenti, quindi con effetti farmacologici e antiossidanti. Finora sono stati rilevati questi componenti:

  • Polisaccaridi, peptido-glicani ed etero-polisaccaridi.
  • Triterpeni (acidi ganoderici classificati di A a Z) con attività tipo antistaminico (A, C e D), epatoprotettori(R), anti-ipertensivi (B, D, F, H, K, S, Y), ipocolesterolemizzante (M, F), ACE-inibitore (ganoderol B) e antiaggregante.
  • Minerali (ferro, zinco, manganese, magnesio, potassio, germanio, calcio).
  • Vitamine del gruppo B (in particolare Vit. B9).
  • 17 aminoacidi tra cui tutti essenziali
  • Steroli e sostanze del tipo cortisone
  • Adenosina e guanosina con effetto antiaggregante piastrinico, miorilassante (del muscolo scheletrico) e sedativo del SNC.

I polisaccaridi sono i beta-polisaccaridi e gli etero- beta-glucani, che avrebbero un ruolo importante nello stimolare il sistema immunitario. Le proteine e i peptidi, chiamati Lz-8 regolerebbero la pressione arteriosa, il colesterolo e avrebbero una funzione antiallergica.

Il Reishi contro il cancro

Il germanio organico sembra sia utile in caso di leucemie e tumori polmonari: in Giappone sono stati condotti studi approfonditi sul Reishi e le sue implicazioni sul cancro. Secondo il dott. Morishige, esso stimola il sistema immunitario e può essere un buon alleato contro le forme tumorali. Negli ultimi anni, si stanno moltiplicando gli studi sulle proprietà antitumorali di tale fungo e le indicazioni per la sua introduzione nella terapia anticancro sono finalizzate a ridurre gli effetti collaterali della chemio e della radioterapia, al prolungamento della sopravvivenza e al miglioramento della qualità di vita dei pazienti, riducendo l’incidenza e il rischio di recidive della malattia. Tali proprietà sarebbero dovute all’azione di varie sostanze in esso contenute, quali i triterpenoidi citotossici (es. acidi ganoderici), i polisaccaridi ad attività antitumorale e i loro complessi proteici, ma soprattutto l’elevata concentrazioni di germanio, che migliora l’ossigenazione del sangue.

Il Reishi contro problemi ossei, epatici ed altri disturbi

Secondo la medicina cinese esso è utile in caso di osteoporosi, artrite, problemi epatici, come cirrosi ed epatite, e oculari, come la cataratta. Gli acidi oleici contenuti sono in grado di regolare l’instamina favorendo la riduzione di reazioni allergiche. Anche l’acido ganoderico (famiglia dei triterpenoidi) sarebbe in grado di controllare le allergie, oltre che favorire la funzionalità epatica. Ha forti effetti quindi antiossidanti, antifatica, e aiuta in caso di insonnia, stress e ansia. Il dott. Morishige sostiene, inoltre, che la sua efficacia viene esaltata dall’associazione di vitamina C, che probabilmente funge da catalizzatore cellulare per altre sostanze contenute nel fungo.

Gli effetti benefici del Reishi in sintesi

Effetti sul sistema cardiovascolare:

  • Ipocolesterolemico: a causa della presenza di lipoproteine a bassa densità (acido oleico) diminuisce la concentrazione di colesterolo in oltre il 50% dei pazienti trattati con il fungo per più di 4 mesi. I studi clinici mostrano diminuzioni significative dei livelli di trigliceridi e glucosio.
  • Antiaterosclerotico: diminuisce la produzione della placca ateromatosica .
  • Ipotensore arterioso : può diminuire tra il 10 e il 20% della pressione arteriosa, sia sistolica che diastolica.
  • Cardiotonico: migliora il flusso di sangue al cuore, riduce il consumo di ossigeno del muscolo cardiaco ridotto. Utile anche nel trattamento dell’angina pectoris.

Effetti sul sistema immunitario:

  • Migliora il funzionamento delle ghiandole surrenali, normalizzando la secrezione degli ormoni surrenalici.
  • Diminuisce la sensibilità allergica.
  • Regola la risposta autoimmune nelle malattie immunitarie.
  • Diminuisce alcuni sintomi di malattie autoimmuni (come l´artrite reumatoide), come il dolore a causa dell’endorfina (componente del Reishi) e l´infiammazione a causa dell’acido ganoderico e la lanostina D.
  • Riduce la produzione e la secrezione d’istamina eccessiva, migliorando così l’asma bronchiale e la bronchite cronica di tipo allergico.
  • Secondo il dottor Andrew Weil (Etnofarmacologia Università di Harvard), i composti di lanostina identificati nel Reishi hanno un effetto tonico sui sofferenti di asma e altre allergie.

In più ha un effetto benefico sul diabete mellito di tipo 2, non insulino-dipendente, riducendo i livelli di zucchero nel sangue. Riduce l’iperpalsia prostatica, essendo un inibitore della 5-alfa-reduttasi, inibendo quindi la crescita prostatica per cause ormonali (dottor Fujita e colleghi, Facoltà di Agricoltura, Università di Kyushu, Giappone) . Inoltre purifica il sangue, favorendo l’eliminazione di tossine senza ledere altri sistemi, attivando le difese naturali del corpo.

Controindicazioni ed effetti collaterali del Reishi

Questo tonico naturale può dare degli effetti collaterali, dovuti soprattutto ad un uso prolungato e smodato. Essi vanno dalle vertigini, alla secchezza del cavo orale, sangue dal naso, come anche dolori addominali.

  • Coagulazione: sconsigliato se si ha una scarsa capacità coagulante, poiché il fungo ha attività fluidificante sul sangue. Così non è raccomandato per chi assume già anticoagulanti.
  • Gravidanza: alcuni autori ne sconsigliano l’uso in gravidanza e allattamento, altri ritengono che sia possibile, sempre sotto controllo medico.
  • Allergia: un’altra controindicazione è un’allergia conclamata ai funghi.
  • Trapianti: viene precluso anche ai soggetti che hanno subito un trapianto d’organo e che devono assumere immunosoppressori. (Su questo punto ci sarebbe da discutere, poiché lo stimolo immunitario di una sostanza naturale e adattogena non può inficiare in alcun modo l’organo ospite, attaccandolo, ma solo aiutare a mantenere sotto controllo le infezioni a cui questi soggetti sono maggiormente esposti. Ricordiamoci che i tonici naturali sono intelligenti e biocompatibili, e non hanno effetti collaterali come i farmaci.)

Detto questo, c’è da ricordare però ,che, pur essendo un tonico con mirabili possibilità, ognuno di noi è diverso, e non esiste la panacea di tutti mali. Quindi si consiglia di fare sempre un test kinesiologico prima di assumere qualunque sostanza, sia esso fitoterapico, fungo o altro. È una prova semplice che aiuterà a capire se il corpo è ben predisposto a ricevere la sostanza. Ogni caso è a sé ed ogni situazione va considerata in base alle esigenze soggettive del momento e supportata da specialisti del settore.

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31 dicembre – Alito cattivo: ecco cosa fare

A Capodanno capita spesso che si conoscano nuove persone. A volte nascono degli amori, altre delle amicizie, altre ancora degli appuntamenti molto romantici. Per non rischiare di rovinare tutto o di dover rinunciare perché non ci sentiamo a posto, ci sono diversi metodi per essere sicuri del nostro alito.

Naturalmente la prima regola è una perfetta igiene orale. Bisogna lavarsi molto bene i denti con lo spazzolino, anche per più minuti. Non dimentichiamoci di pulire la lingua. Si può usare lo stesso spazzolino, anche se in commercio ci sono degli strumenti appositi. È proprio lì che si annidano molti batteri, responsabili del cattivo odore.

Un errore da evitare è quello di non usare il filo interdentale o lo scovolino. Tra i denti rimangono molto spesso dei residui di cibo, che provocano odori sgradevoli.

Certo durante una cena o a una festa non è sempre possibile lavarsi i denti, ecco che ci arrivano in soccorso le gomme da masticare allo xilitolo e ai sali di zinco, che potrebbero essere delle valide alleate perché puliscono e rinfrescano.

Un’altra cosa da non dimenticare è di non rimanere completamente digiuni, perché anche questo provoca cattivo odore. Ottimo mangiare una mela, che tiene a bada il cattivo odore e rinfresca la bocca. Attenti invece ai formaggi, che sono deliziosi, ma certo non aiutano.

Oltre alle gomme da masticare un altro aiuto può arrivare da un chicco di caffè o da qualche seme di anice oppure di cardamomo. Sarete avvolti da una ventata di freschezza immediata.

 
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Il mattone boomerang: meccanismo della retroflessione

Il mattone boomerang: meccanismo della retroflessione

“C’era una volta un uomo che andava in giro con un mattone in mano. Aveva deciso che ogni volta che qualcuno lo avesse fatto arrabbiare gli avrebbe lanciato addosso un mattone. Era un metodo un po’ rozzo, però sembrava efficace, no?
Un giorno s’imbatté in un amico prepotente che gli si rivolse in malomodo. Fedele alla propria decisione, l’uomo afferrò il mattone e glielo lanciò addosso.
Non ricordo se l’avesse colpito. Ma sta di fatto che il successivo recupero del mattone gli parve disagevole. Decise allora di migliorare il “sistema di autorecupero del mattone” come lo chiamava lui.
Legò un cordino lungo un metro attorno al mattone e usci di casa. Il mattone non avrebbe potuto andare troppo lontano, ma anche il nuovo metodo aveva alcuni inconvenienti: in effetti il destinatario delle ostilità doveva trovarsi a un metro di distanza e poi, dopo aver scagliato il mattone, l’uomo doveva prendersi la briga di raccogliere il cordino, che tra l’altro sovente si aggrovigliava e si impigliava, con conseguente disagio.
Allora l’uomo inventò il “sistema mattone III”. Protagonista era sempre il solito mattone ma il nuovo sistema prevedeva una molla al posto del cordino. Ora il mattone poteva essere scagliato più volte e sarebbe sempre tornato indietro da solo, pensò l’uomo.
Usci di casa e, nel momento in cui fu vittima della prima aggressione, lanciò il mattone. Ma non colpi l’obiettivo, perché, quando la molla entrò in azione, il mattone schizzò all’indietro andando a finire proprio sulla testa dell’uomo che l’aveva lanciato.
Ci provò un’altra volta, e si prese una seconda mattonata perché aveva calcolato male le distanze.
La terza mattonata se la prese perché aveva calcolato male i tempi.
La quarta fu particolare perché, dopo aver deciso di lanciare il mattone contro la vittima, aveva cercato di proteggerla con il risultato di prendersi di nuovo il mattone in testa…
Si fece un bernoccolo enorme…
Nessuno seppe perché non riuscisse mai a dare una mattonata a qualcuno: se per via dei colpi ricevuti o per qualche deformazione del suo animo.

Tutti i colpi si ritorcevano sempre contro di lui.”

Questo meccanismo si chiama retroflessione: consiste sostanzialmente nel proteggere gli altri dalla nostra aggressività. Ogni volta che lo facciamo, la nostra energia aggressiva e ostile si blocca prima di raggiungere l’altro scontrandosi contro una barriera che ci costruiamo da soli. Questa barriera non assorbe l’impatto ma lo riflette. E tutta la rabbia, il malumore, l’aggressività si rivoltano contro noi stessi mediante gesti concreti di autoaggressione (autolesionarsi, ingozzarsi di cibo, assumere droghe, correre rischi inutili) e, alle volte mediante emozioni o sentimenti camuffati (depressione, senso di colpa, somatizzazione).

E’ probabile che un utopistico essere umano “illuminato”, lucido e solido non si arrabbi mai. Sarebbe molto utile non arrabbiarsi mai, eppure, una volta che abbiamo sperimentato la rabbia, l’ira o il fastidio, l’unico modo per liberarcene è tirarli fuori trasformandoli in azione. Altrimenti, presto o tardi l’unico risultato che otterremo sarà di arrabbiarci con noi stessi.

tratto da Lascia che ti racconti, Jorge Bucay

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Fonte: http://www.piubenessere.it/mattone-boomerang/