La notizia della scomparsa di Francesca Del Rosso è rimbalzata oggi più e più volte sul web, tra le pagine dei social e quelle dei vecchi giornali di carta. Giornalista, scrittrice e blogger era diventata “Wondy” dopo aver raccontato nell’omonimo romanzo la sua battaglia contro il cancro. Dinamica e piena di vita, positiva fino alla fine così come la ricorda il marito, anch’esso noto giornalista, attraverso una post-omaggio apparso su un social. Una tragedia e un’ingiustizia che non può lasciare indifferenti perchè come Francesca ci sono tante altre wonder woman che lottano per sopravvivere ad una malattia devastante, che si sforzano con tutta l’energia che hanno ancora in corpo per riuscire a trattenere la vita ancora per un giorno. E c’è anche chi, come Wondy, non ce la fa ad invertire il processo degenerativo. La storia della scomparsa di questa professionista, moglie e mamma di quarantadue anni non mi permette di sentirmi indifferente, poichè in poco meno di un anno ho visto anch’io scivolare tra le dita una persona per una malattia simile, anch’essa moglie e mamma di neanche quarant’anni con una professione dall’esposizione decisamente meno mediatica.
Che cosa hanno in comune tutte le Wondy che hanno o stanno incrociando la nostra vita? Hanno voglia di vivere. Questo raccontano, come un mantra, chi le assiste giorno dopo giorno, osservandole nel logorante viaggio tra esami, terapie, speranze, recidive. E qui si pone una domanda a tratti paradossale: di fronte alla morte scatta la voglia di vivere? Il punto è che chiunque è portato a vivere -si chiama istinto di sopravvivenza- però non sempre è così immediato percepire l’attaccamento alla vita, se non quando siamo messi davanti all’inevitabilità della fine.
La percezione del senso d’urgenza è una molla del cambiamento, è una variabile cruciale per l’efficacia personale. Perchè quando si ha consapevolezza dello scorrere del tempo non ci si può permettere di sprecare nemmeno un secondo in attività secondarie o di poco valore.
Quello che mi chiedo è: perchè dobbiamo aspettare che la vita acceleri all’improvviso per desiderare di vivere davvero?
Pensiamo a quante cose non fatte, parole non dette, sfide non accolte, sono protagoniste della nostra “vita”.
“Il mio collaboratore ha fatto un bel lavoro questa volta” cosa aspetti a dirglielo? “Magari poi si monta la testa, del resto ha fatto quello per cui è pagato” e intanto la relazione rimane ad un livello superficiale, cordialmente formale, e l’altro progressivamente perde in engagement.
“Questo lavoro è frustrante, non mi sento valorizzato” cosa aspetti a fare qualcosa di diverso? “Magari poi le cose cambiano”.…..sai già come va a finire.
“Mi piacerebbe lanciarmi in quel progetto” cosa stai aspettando, ancora?
Di cosa abbiamo, in fondo, paura? Di non riuscirci. Quando però proviamo ad evitare la paura del fallimento falliamo comunque, perché invece di faticare per diventare quello che desideriamo ci frustriamo nel consolidare quello che già siamo. (vedi anche La paura di fallire ci fa fallire ugualmente).
Che valore hanno gli esempi di Wondy, della mia amica e di tutte le persone che hanno combattuto per difendere la loro vita nei confronti di una malattia impietosa se non quello di aiutarci a vivere da subito? L’efficacia personale è anche questo: è onorare gli sforzi degli altri per diventare migliori, per realizzare tutto il nostro potenziale, per mettere a servizio i nostri talenti.
Una nota poesia di Martha Medeiros (che non si sa come mai viene attribuita erroneamente a Pablo Neruda) inizia dicendo “Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine” e continua “Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.”
Leggiamola la sera prima di chiudere gli occhi sulle nostre insoddisfazioni, e il giorno seguente ringraziamo per poterli aprire di nuovo e per vedere che abbiamo a disposizione ottantaseimilaquattrocentosecondi per dare vita a quella giornata.
L’efficacia personale, il benessere, la realizzazione di sè, o come altro si voglia chiamare, parte dalla ferma convinzione che per ottenere qualcosa bisogna andare a pendersela, mettendoci la faccia, osando vivere in modo autentico.
Suggerimenti bibliografici:
F. Del Rosso, “Wondy, ovvero come si diventa supereroi per guarire dal cancro”, Rizzoli, 2014.
L'articolo Wondy e il senso d’urgenza sembra essere il primo su Il Sentiero della Salute.
Fonte: http://sentierodellasalute.com/2016/12/13/wondy-lurgenza-della-vita-scorre/
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