Chimera: mostro mitologico composto da porzioni di animali diversi. Un’idea spaventosa ed evocativa proveniente dall’antica Grecia, ma non stiamo parlando proprio di lei (peccato).
In ambito genetico si definisce chimera un organismo le quali cellule originano da due o più zigoti differenti. Il fenomeno rappresenta un evento eccezionale in natura, ma da alcuni decenni l’utilizzo di animali ibridi ha permesso importanti scoperte. Un animale di questo tipo risulta utilissimo per condurre studi su fisiologia, sviluppo embrionale e meccanismi coinvolti in particolari patologie.
Ma il recente studio condotto presso il Salk Institute for Biological Studies ha prospettive ben più ampie. Inserendo cellule staminali umane all’interno di un embrione di maiale ed impiantandolo quindi in una madre surrogata, è stato possibile ottenere una chimera che contiene tessuti originati dalla linea cellulare umana. Inoltre l’animale scelto presenta un buon grado di somiglianza anatomica e fisiologica con l’essere umano: questo potrebbe essere un importante primo passo verso la creazione di organi umani in laboratorio. L’ibrido consentirebbe inoltre di testare nuovi farmaci su tessuti che modellano perfettamente la controparte reale, senza considerare i possibili approfondimenti riguardanti la medicina rigenerativa.
Complementazione della blastocisti
Nella prima fase dell’esperimento sono stati impiegati embrioni e cellule embrionali prelevate rispettivamente da ratto (Rattus norvegicus) e topo (Mus musculus). Questi due animali sono molto simili, ed è noto in letteratura che questo tipo di chimera sia uno dei più semplici da realizzare. La procedura sperimentale è concettualmente semplice, ma nella pratica molto delicata: è necessario introdurre all’interno della massa cellulare interna le cellule staminali coltivate in vitro. Per minimizzare i danni al trofoblasto è stato impiegato un laser, che ha consentito la creazione di un piccolo foro che consentisse l’accesso al blastocele.
I ricercatori hanno però introdotto un nuovo fattore: le cellule dell’embrione ospitante sono state modificate nel loro corredo genetico. Tramite l’iniezione di mRNA e gRNA è stato introdotto il complesso funzionale Cas9, consentendo di eliminare i geni responsabili per l’organogenesi di un determinato tessuto. L’accorgimento introduce così un “buco” che viene riempito dalle cellule inserite. Il risultato sarà un fortissimo arricchimento nell’organo di interesse, come è stato dimostrato per pancreas e occhio.
Un risultato ancora più interessante è che le cellule di ratto, inserite in embrione di topo, sono riuscite a generare la cistifellea. Questa struttura anatomica non è presente nel ratto, che però sembra ancora possedere nel proprio DNA le informazioni necessarie per formarla sotto determinati stimoli.
La “chimera umana”
Una volta validato questo metodo per il modello murino, il passo successivo è stato trovare l’embrione migliore per impiantare cellule umane, testando nuovamente topo, maiale e bovino. Tale procedura è molto complessa, essendoci una grossa differenza nei tempi di gestazione dei mammiferi in questione rispetto all’uomo. I ricercatori spiegano il problema con una semplice metafora: sarebbe come introdurci in un’autostrada dove tutti corrono all’impazzata con una macchina estremamente lenta. Bisogna muoversi con cautela e gli incidenti sono dietro l’angolo. Dopo aver testato cellule staminali embrionali a diversi stadi, l’esperimento ha evidenziato come le cellule staminali embrionali umane siano effettivamente in grado di svilupparsi all’interno dell’embrione suino.
Il contributo “umano” agli organi è osservabile tramite fluorescenza, come evidenziato nell’immagine sottostante.
Anche se presente, va sottolineato come la porzione di cellule umane sia ancora molto scarsa. Ciò rappresenta comunque un risultato notevole, anche se non è chiaro se la distanza evoluzionistica tra le due specie sia tale da impedire qualsivoglia applicazione della tecnica nella coltivazione di organi umani.
Prospettive e dilemmi etici
L’idea è ricca di potenziale, ma può a tratti suonare controversa. L’esperimento principale è stato terminato al massimo entro il 28 giorno di gestazione, dunque non è nato alcun ibrido di cui immaginare lo spaventoso aspetto. La realtà deluderebbe sotto questo aspetto: l’animale molto probabilmente sembrerebbe in tutto e per tutto normale.
Ma se la possibilità di creare creature bizzarre o pericolose non è realistica, ci sono altri aspetti da tenere in attenta considerazione. Dal punto di vista puramente biologico un organismo di questo tipo potrebbe facilitare il salto di specie da parte di pericolosi virus.
E se le cellule embrionali umane contribuissero alla formazione del cervello della creatura? Nello studio in questione il problema non si pone, vista la prematura interruzione della gestazione. Fortunatamente, sempre utilizzando il genome-editing, è possibile evitare che ciò accada in ogni caso, esattamente come è stato fatto per gli altri organi.
Una piattaforma del genere permetterebbe un controllo quasi totale sullo sviluppo di tessuti, e non è troppo ambizioso immaginare che tramite alcuni accorgimenti il problema del rigetto potrebbe essere totalmente eliminato. Nei soli Stati Uniti quasi 120 000 persone sono in attesa di un trapianto d’organo salva vita, e ogni giorno circa 22 persone muoiono nell’attesa dell’operazione. Solo 3 su 1000 decessi avvengono in una modalità tale da consentire l’espianto, e ogni 10 minuti una persona è aggiunta alla lista d’attesa.
Questo studio potrebbe essere un importante svolta per lo sviluppo di organi in laboratorio, consentendo così in futuro di avere maggiore controllo e disponibilità degli stessi.
Fonti|Articolo originale, Intervista del Guardian ai ricercatori coinvolti
Approfondimento| Stem cells and interspecies chimaeras (Nature)
L'articolo Embrioni chimerici: nuove prospettive per la coltivazione di organi in laboratorio sembra essere il primo su La Medicina in uno Scatto.
Fonte: http://lamedicinainunoscatto.it/2017/02/embrioni-chimerici-organi-laboratorio/
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